IL PRINCIPE di Niccolò Machiavelli ediz.integrale - Ogni Capitolo Analizzato e Commentato:
![]() Lo stemma cambiò nel numero dei bisanti e nella loro disposizione; la sfera centrale ha tre gigli dorati in campo azzurro, concessi dal re di Francia Luigi XI a Piero di Cosimo de' Medici. |
Le ragioni del successo dei Medici
I motivi che portarono la famiglia Medici a primeggiare così costantemente in un panorama così variegato e pluralistico come la Firenze dal Quattrocento in poi si possono riassumere in alcuni fattori chiave.
- La ricchezza
Senz'altro la prosperità del Banco Medici nel tempo fu la primaria base sulla quale si innestò la fortuna familiare, anche se i Medici non furono né gli unici, né "i più" ricchi cittadini fiorentini. Sicuramente seppero sfruttare al meglio durante le generazioni di Giovanni di Bicci, Cosimo e Lorenzo il Magnifico il fatto di essere divenuti banchieri pontifici e, dal 1460 circa per qualche decina di anni, monopolisti delle miniere di allume, il componente fondamentale della tintura della lana, che veniva estratto nei territori pontifici appunto, vicino ai Monti della Tolfa.
- L'appoggio popolare
L'appoggio dei ceti più popolari della città di Firenze fu fondamentale per i Medici ed essi lo seppero guadagnare attraverso una serie di piccole ma significative azioni verso i meno abbienti: Salvestro de' Medici aveva appoggiato la rivolta dei Ciompi, Giovanni di Bicci aveva riformato l'erario svantaggiando il popolo grasso e Cosimo il Vecchio aveva per la prima volta usato la magnificenza del singolo a favore di tutta la comunità, lasciando indelebili tracce nell'immaginario collettivo (si pensi all'arrivo della élite bizantina e pontificia al tempo del Concilio di Firenze). Questo appoggio, che altre famiglie come gli Albizi non avevano, si rivelò critico almeno in due occasioni fondamentali: la cacciata di Cosimo, e il suo successivo rientro con acclamazione e la congiura dei Pazzi, nella quale fu il popolo stesso che vendicò l'assassinio e l'oltraggio verso i Medici. Questo appoggio, con la scomparsa di Lorenzo il Magnifico venne incrinandosi, tanto che per ben due volte i suoi discendenti vennero cacciati dalla città dalla folla inferocita, senza contare le singole congiure contro il capofamiglia di turno, ma ormai la casata disponeva di altre carte per garantire il proprio successo.
- Il papato
Avere due papi dal pontificato abbastanza lungo e in un arco di tempo così ravvicinato fu il fattore che permise ai Medici il salto di qualità: da cittadini maggiorenti a nobili veri e propri. Alla base dell'elezione di Leone X e Clemente VII vi fu sia la ricchezza familiare che l'abilità personale dei due, ma anche un'intelligente politica matrimoniale dei loro antenati, che avevano permesso un'alleanza con gli Orsini, che sicuramente valse quando si trattò di far arrivare il primo titolo cardinalizio in famiglia. L'alleanza papale con altri stati esteri, in particolare con la Spagna, permise di riprendere sempre la città di Firenze dopo le cacciate, grazie agli aiuti militari esterni.
- L'appoggio imperiale
Infine la definitiva consacrazione medicea si ebbe al tempo del ducato, quando il grande imperatore Carlo V del Sacro Romano Impero concesse il governo della Toscana a Cosimo I, forse come parte del risarcimento ai Medici per le conseguenze del Sacco di Roma che gli avevano fatti spodestare. La presenza di truppe imperiali fu fondamentale nell'assedio di Firenze, nella battaglia di Montemurlo e nell'Assedio di Siena. Da allora la dinastia Medicea regnò senza scosse fino all'estinzione.
Cardinali della famiglia Medici [modifica]
Al pari di altre importanti famiglie italiane ed europee, anche i Medici ebbero numerosi cardinali. Il primo fu Giovanni de' Medici, futuro Papa Leone X, e la sua nomina al soglio cardinalizio fu molto probabilmente aiutata dall'alleanza con la famiglia romana degli Orsini, essendo la madre di Giovanni stessa una Orsini, Clarice. Da allora non mancò in famiglia almeno un cardinale per generazione, essendo generalmente destinati alla carriera religiosa i maschi secondogeniti. Leone X poi nominò cardinale almeno un nipote per ciascuno dei suoi fratelli e sorelle, arrivando così a una cospicua rappresentanza di "clan" nel sacro collegio, che per esempio permise la rapida elezione di un nuovo papa mediceo dopo la morte di Leone, Clemente VII.
I cardinali della famiglia Medici non si distinsero mai per l'operato religioso, sebbene in alcuni casi fu meritevole e diligente, ma sono soprattutto celebri per la magnificenza con la quale adoravano circondarsi, supportando l'attività di numerosi artisti dei quali furono mecenati.
- Elenco di cardinali appartenenti alla famiglia Medici
- Giulio de' Medici, poi papa Clemente VII
- Cardinali Medici da parte di madre
Medici
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera: http://it.wikipedia.org/wiki/Medici
![]() Lo stemma cambiò nel numero dei bisanti e nella loro disposizione; la sfera centrale ha tre gigli dorati in campo azzurro, concessi dal re di Francia Luigi XI a Piero di Cosimo de' Medici. |
I Medici sono una delle più note famiglie principesche d'Europa, protagonisti della storia italiana ed europea dal XV al XVIII secolo.
Oltre ad aver retto le sorti della città di Firenze prima e della Toscana poi, dal 1434 fino al 1737[1], ed oltre ad aver dato i natali a tre papi e due regine di Francia, essi godono tutt'oggi di una straordinaria fama per aver promosso in misura fuori del comune e per diverse generazioni la vita artistica, culturale, spirituale e scientifica del loro tempo. Le loro straordinarie collezioni d'arte, di oggetti preziosi, di libri e manoscritti, di rarità e di curiosità si sono conservate praticamente integre fino ai giorni nostri e sono alla base del patrimonio di molte delle più importanti istituzioni culturali di Firenze.
Albero genealogico della famiglia dei Medici dal 1360 al 1743 [modifica]
Contiene tutti gli esponenti principali; sono esclusi, in parte, i bambini deceduti nell'infanzia, alcuni figli illegittimi e le discendenze delle donne maritate, con qualche eccezione.
Giovanni di Bicci de' Medici (1360-1429) figlio di Averardo detto Bicci, sposò Piccarda Bueri │ ├─Cosimo il Vecchio (1389-1464), Signore di Firenze, sposò Contessina de' Bardi │ │Ramo di Cafaggiolo │ │ │ ├─Piero il Gottoso (1416-1469), Signore di Firenze, sposò Lucrezia Tornabuoni │ │ │ │ │ ├─Maria de' Medici (1445 circa-1472) sposò Leonetto de' Rossi │ │ │ │ │ │ │ └─Luigi de' Rossi (m.1519), cardinale │ │ │ │ │ ├─Bianca de' Medici (1445-1488), naturale, sposò Guglielmo de' Pazzi │ │ │ │ │ ├─Nannina de' Medici (1448-1493), sposò Bernardo Rucellai │ │ │ │ │ ├─Lorenzo il Magnifico (1449-1492), Signore di Firenze, sposò Clarice Orsini │ │ │ │ │ │ │ ├─Lucrezia de' Medici (1470-1550), sposò Jacopo Salviati │ │ │ │ │ │ │ │ │ ├─Maria Salviati (1499-1543), sposò Giovanni dalle bande nere (--> vedi) │ │ │ │ │ │ │ │ │ └─Francesca Salviati, sposò Ottaviano de' Medici (ramo dei Medici di Ottaiano, vedi sotto) │ │ │ │ │ │ │ │ │ └─Papa Leone XI (Alessandro de' Medici) (1535-1605), Papa Leone XI │ │ │ │ │ │ │ ├─Piero il Fatuo (1472-1503), Signore di Firenze, sposò Alfonsina Orsini │ │ │ │ │ │ │ │ │ ├─Lorenzo Duca di Urbino (1492-1519) sposò Madeleine de la Tour d'Auvergne │ │ │ │ │ │ │ │ │ │ │ ├?─Alessandro de' Medici, Duca di Firenze, illegittimo, genealogia incerta (vedi sotto) │ │ │ │ │ │ │ │ │ │ │ └─Caterina de' Medici (1519-1589), Regina di Francia, sposò Enrico II di Francia │ │ │ │ │ │ │ │ │ └─Clarice de' Medici (1493-1528), sposò Filippo Strozzi │ │ │ │ │ │ │ ├─Maddalena de' Medici (1473-1528), sposò Franceschetto Cybo │ │ │ │ │ │ │ ├─Papa Leone X (Giovanni de' Medici, 1475-1521) │ │ │ │ │ │ │ ├─Luisa de' Medici (1477-1488) │ │ │ │ │ │ │ ├─Contessina de' Medici (1478-1515), sposò Piero Ridolfi │ │ │ │ │ │ │ └─Giuliano Duca di Nemours (1479-1516) sposò Filiberta di Savoia │ │ │ │ │ │ │ └─Ippolito de' Medici (1511-1535), illegittimo, cardinale │ │ │ │ │ │ │ └─Asdrubale de' Medici (m. 1565), illegittimo, con Giulia Gonzaga │ │ │ │ │ ├─Giuliano de' Medici (1453-1478) amante di Simonetta Vespucci │ │ │ │ │ │ │ └─Papa Clemente VII (Giulio de' Medici) (1478-1534) │ │ │ │ │ │ │ └?─Alessandro de' Medici, duca di Firenze detto il Moro, (1511-1537) │ │ │ │ figlio illegittimo avuto da Simonetta da Collevecchio di genealogia incerta, primo Duca di Firenze, sposò Margherita d'Austria │ │ │ │ │ │ │ ├─Giulio de' Medici (ca. 1533-1600), naturale poi legittimato, sposò Angelica Malaspina │ │ │ │ │ │ │ │ │ ├─Caterina di Giulio de' Medici (m. 1634), monaca benedettina │ │ │ │ │ │ │ │ │ ├─Cosimo di Giulio de' Medici, naturale, sposò Lucrezia Gaetani │ │ │ │ │ │ │ │ │ │ │ └─Angelica de' Medici (1608-1636) sposò Don Pietro Altemps │ │ │ │ │ │ │ │ │ └─Giuliano de' Medici (m. 1568), sposò Livia Spinola │ │ │ │ │ │ │ ├─Giulia de' Medici (1535-1588 circa), naturale poi legittimata, │ │ │ │ sposò Don Francesco Cantelmo e poi Bernardetto de' Medici (ramo dei Medici di Ottaiano, vedi sotto) │ │ │ │ │ │ │ └─Porzia de' Medici (1538-1565), naturale poi legittimata, monaca e poi badessa │ │ │ │ │ └─Giovanni di Piero de' Medici (naturale) │ │ │ ├─Giovanni de' Medici (1421-1463), sposò Ginevra degli Alessandri │ │ │ └─Carlo de' Medici (1428/30-1492) │ └─Lorenzo il Vecchio (1395-1464), sposò Ginevra Cavalcanti │Ramo popolano │ ├─Francesco di Lorenzo de' Medici (m. 1440 circa), sposò Maria Gualtierotti, senza discendenti │ └─Pierfrancesco il Vecchio (1430-1476), sposò Laudomia Acciaiuoli │ ├─Lorenzo il Popolano (1463-1503) sposò Semiramide Appiano d'Aragona │ │ │ ├─Pierfrancesco de' Medici (1487-1525) sposò Maria Soderini │ │ │ │ │ ├─Laudomia de' Medici (m. 1559) sposò Alamanno Salviati e poi Piero Strozzi │ │ │ │ │ ├─Lorenzino de' Medici (1514-1548) │ │ │ │ │ │ │ └─Lorenzina de' Medici (figlia naturale), sposò Giulio Colonna │ │ │ │ │ ├─Giuliano de' Medici (ca. 1520-1588) │ │ │ │ │ └─Maddalena de' Medici (?-1583), sposò Roberto Strozzi │ │ │ ├─Averardo de' Medici (1488-1495) │ │ │ ├─Laudomia de' Medici, sposò Francesco Salviati │ │ │ ├─Ginevra de' Medici, sposò Giovanni degli Albizi │ │ │ └─Vincenzo de' Medici │ └─Giovanni il Popolano (1467-1498) sposò Caterina Sforza │ └─Giovanni dalle Bande Nere (1498-1526), sposò Maria Salviati │ Essendo Maria Salviati figlia di Lucrezia de' Medici, con loro figlio Cosimo si riunirono i due rami familiari │ └─Cosimo I de' Medici (1519-1574), Granduca di Toscana, sposò Eleonora di Toledo, poi Camilla Martelli (morganatica) │ ├─Bia de' Medici (1537–1542) │ ├─Maria de' Medici (1540–1557) │ ├─Francesco I de' Medici (1541-1587), Granduca di Toscana, sposò Giovanna d'Austria e poi Bianca Cappello │ │ │ ├─Eleonora de' Medici (1567-1611), sposò Vincenzo I Gonzaga │ │ │ ├─Anna de' Medici (1569-1584) │ │ │ ├─Lucrezia de' Medici (1572-1574) │ │ │ ├─Maria de' Medici (1573-1642), regina di Francia, sposò Enrico IV di Francia │ │ │ ├─Filippo de' Medici (1577-1582) │ │ │ └─Don Antonio de' Medici (1576-1621), sposò Artemisia Tozzi │ ├─Isabella de' Medici (1542-1576) │ ├─Giovanni de' Medici (1543-1562), cardinale │ ├─Lucrezia de' Medici (1545-1562), moglie di Alfonso II d'Este │ ├─Pietro (Pedricco) de' Medici (1546–1547) │ ├─Garzia de' Medici (1547 – 1562) │ ├─Pietro de' Medici (1554-1604) sposò Leonora Álvarez de Toledo e Beatriz de Menezes │ │ │ └─Cosimo de' Medici (1573-1576) │ ├─Don Giovanni de' Medici (1567-1621), sposò Livia Vernazza │ │ │ ├─Gianfrancesco Maria de' Medici (1619-1689) │ │ │ └─Giovanna Maria Maddalena de' Medici (1621) morta infante │ ├─Virginia de' Medici (1568-1615), moglie di Cesare d'Este │ └─Ferdinando I de' Medici (1549-1609), già cardinale, Granduca di Toscana, sposò Cristina di Lorena │ ├─Eleonora de' Medici (1591-1617) │ ├─Caterina di Ferdinando de' Medici (1593-1629), sposò Ferdinando I Gonzaga │ ├─Francesco di Ferdinando de' Medici (1594-1614) │ ├─Carlo de' Medici (1596-1666), cardinale │ ├─Filippino de' Medici (1598-1602) │ ├─Don Lorenzo de' Medici (1599-1648) │ ├─Maria Maddalena de' Medici (1600-1633) │ ├─Claudia de' Medici (1604-1648), sposò Federico Ubaldo I della Rovere e poi l'Arciduca Leopoldo V d'Austria │ └─Cosimo II de' Medici (1590-1621), Granduca di Toscana, sposò Maria Maddalena d'Austria │ ├─Maria Cristina de' Medici (1609-1632) │ ├─Giovan Carlo de' Medici (1611-1663), cardinale │ ├─Margherita de' Medici (1612-1679), moglie di Odoardo I Farnese │ ├─Mattias de' Medici (1613-1667) │ ├─Francesco di Cosimo de' Medici (1614-1634) │ ├─Anna de' Medici (1616-1676), moglie dell'Arciduca Ferdinando Carlo d'Austria │ ├─Leopoldo de' Medici (1617-1675), cardinale │ └─Ferdinando II de' Medici (1610-1670), Granduca di Toscana, sposò Vittoria della Rovere │ ├─Francesco Maria de' Medici (1660-1711), già cardinale │ └─Cosimo III de' Medici (1642-1723), Granduca di Toscana, sposò Margherita Luisa d'Orléans │ ├─Principe Ferdinando de' Medici (1663-1713), sposò Violante Beatrice di Baviera │ ├─Gian Gastone de' Medici (1671-1737), Granduca di Toscana, sposò Anna Maria Francesca di Sassonia-Lauenburg │ └─Anna Maria Luisa de' Medici (1667-1743)sposò Giovanni Guglielmo, Elettore del Palatinato
Storia familiare [modifica]
Origini della famiglia e primi componenti dei Medici [modifica]
La famiglia proveniva dal contado del Mugello e trae origine da un certo Medico di Potrone, nato intorno al 1046. Alcuni esponenti della famiglia, tutti discendenti di Medico di Potrone, tra il Duecento e il Trecento si guadagnarono una ricchezza ragionevole con le manifatture laniere che in quel tempo videro un periodo di boom nelle richieste, in Italia e all'estero, soprattutto in Francia e Spagna. Agli inizi del Trecento i Medici avevano già avuto due gonfalonieri di Giustizia (la massima carica della Repubblica fiorentina) e per tutta la prima metà del secolo fecero parte dell'oligarchia che dominava la città. Solitamente le fonti e la tradizione letteraria ricordano che i Medici erano originari del Mugello, la zona a nord-est di Firenze oggi comprendente i territori comunali di Barberino di Mugello, San Piero a Sieve, Scarperia, Borgo San Lorenzo e Vicchio. Ma tale informazione non ha fondamenti documentari certi e si basa sul fatto che dal XIV secolo i Medici risultano essere proprietari fondiari della zona. Era infatti naturale per i mercanti del Duecento, che alimentavano le loro fortune economiche in città, acquistare terre nella zona del contado da cui provenivano. In compenso numerose sono le leggende fiorite soprattutto in epoca granducale (XVI-XVII secolo), quando la fantasia e la penna degli eruditi di corte si esercitavano a dar lustro alle origini della stirpe allora regnante in Toscana. Secondo un manoscritto secentesco oggi nella Biblioteca Moreniana, in epoca altomedievale i Medici furono legati agli Ubaldini, allora feudatari molto potenti nel Mugello, e almeno dal 1030 possedevano i castelli di Castagnolo e di Potrone appunto, situati presso l’odierna Scarperia. Il manoscritto della Biblioteca Moreniana n. 24 intitolato "Origine e discendenza della casa dei Medici di Firenze", è stato attribuito a Cosimo Baroncelli (1569-1626), cameriere di Don Giovanni de' Medici. La medesima fonte riporta inoltre un racconto dai toni fiabeschi che intende nobilitare le origini della schiatta medicea e del suo stemma. Questa sorta di romanzo cortigiano presenta come capostipite un certo Averardo de’ Medici – nome poi ricorrente nella famiglia fra Due e Trecento, che fu un comandante dell’esercito di Carlo Magno, imperatore nonché ‘rifondatore’ di Firenze. Una volta il valoroso Averardo, mentre era impegnato a liberare il territorio toscano dall’invasione dei Longobardi, sconfisse un gigante chiamato Mugello, che terrorizzava la zona omonima dell’Alta Val di Sieve. Durante lo scontro, il gigante Mugello conficcò la propria mazza dentata (o forse le palle del flagello) nello scudo dorato di Averardo: i segni rimasti impressi sull’arma del cavaliere suggerirono l’emblema araldico delle palle o “bisanti” nel blasone mediceo. Così, dopo la mitica impresa di Averardo, i lontani avi di Cosimo il Vecchio e Lorenzo il Magnifico si sarebbero trasferiti nella regione del Mugello. La notizia che i Medici si insediassero in Mugello in epoca tanto antica sembra, però, ridimensionata da un’altra testimonianza, più attendibile. Infatti, il Libro di memorie di Filigno de’ Medici scritto nel 1374 ricorda che i Medici compirono i primi consistenti acquisti di terre in Mugello fra il 1260 e il 1318, mentre possedevano immobili di una certa rilevanza a Firenze almeno già dal 1169. Utilizzando gli scarsi dati disponibili, risulta in ogni caso difficile stabilire se i Medici, agli albori della loro storia siano stati proprietari terrieri molto agiati che hanno cercato in città nuove occasioni di ascesa e sviluppo oppure se invece siano stati cittadini abbienti che per estendere la loro influenza e il loro potere hanno realizzato alleanze propizie con famiglie nobili e investimenti nelle campagne. Le prime notizie certe sui Medici, sia pure scarne e frammentarie, si hanno comunque a partire dal XII secolo. Dal Libro di memorie scritto nel Trecento da Filigno de’ Medici, si ricava che già allora i suoi avi erano residenti a Firenze: nel 1169, con i Sizi e altri, fecero costruire la torre nel popolo di San Tommaso presso il Mercato Vecchio (nella zona oggi fra piazza della Repubblica e via de’ Medici); inoltre, nel 1180 i Medici e i Sizi andarono davanti al vescovo Giulio per contendersi il patronato sulla medesima chiesa di San Tommaso (detta anche di San Famaso). Fra il XII e il XIII secolo visse Giambuono considerato il capostipite della stirpe. Dal Duecento si hanno le prime notizie documentarie sui membri della famiglia, a cominciare da un atto del 1201, in cui viene citato Chiarissimo di Giambuono fra i delegati della Repubblica fiorentina firmatari di un patto con i senesi. Nella prima metà del XIII secolo, i Medici si dividono in tre linee discendenza principali, facenti capo rispettivamente a Bonagiunta, Chiarissimo e Averardo. Bonagiunta, figlio di Giambuono, è documentato nel 1216 come consigliere del Comune e nel 1221 come testimone di un atto. Figli di Bonagiunta furono Ugo e Galgano, creditori del conte palatino Guido Guerra. Alla metà del secolo Ugo sposò Dialta di Scolaio Della Tosa, famiglia nobile e prestigiosa, con la quale il ramo di Bonagiunta entrava così in consorteria. Dal matrimonio nacquero Scolaio e Gano (o Galgano). Fra il 1267 e il 1268 Scolaio fu fra i “maggiorenti” del partito guelfo. Nel 1269 i due fratelli, ancora proprietari della torre di San Tommaso, furono risarciti dei danni inferti dai ghibellini sui loro beni immobili al Mercato Vecchio. Figlio di Gano fu Bonagiunta, citato nel 1278 con Averardo fra i consiglieri cittadini del nuovo governo guelfo. Negli atti di pace fra guelfi e ghibellini stipulati dal cardinale Latino Malabranca Orsini vi sono fra i firmatari guelfi, Scolaio e Bonagiunta. Ardingo, figlio del guelfo Bonagiunta, sembra essere il primo ad assumere prestigiose cariche pubbliche: infatti, fu eletto priore delle Arti nel 1291, nel 1313 e nel 1316; fu inoltre tesoriere del Comune e Gonfaloniere di Giustizia nel 1296 e nel 1307 (il primo della famiglia); sposò infine la nobile Gemma de' Bardi. Suo fratello Guccio fu anch'egli gonfaloniere nel 1299. Fra il 1296 e il 1343 Ardingo e altri undici componenti della famiglia Medici assunsero il titolo di priore per ben 27 volte. Inoltre il figlio di Ardingo, Francesco, seguì le orme paterne e fu anch'egli un importante uomo politico: fu tra i XIV probiviri incaricati di ripristinare il governo repubblicano dopo la cacciata del Duca di Atene nel 1343 (per mano del quale un altro Medici, Giovanni di Bernardo, era stato decapitato lo stesso anno), mentre nel 1348, l'anno della Peste nera, fu gonfaloniere di Giustizia. In generale il ramo di Bonagiunta fra Due e Trecento risulta abbastanza impegnato in politica e onorato da prestigiose cariche pubbliche, grazie anche al legame di consorteria con i Della Tosa. Alcuni della famiglia svolsero un’attività bancaria, sia pure probabilmente modesta, alimentata fin dall’inizio dal prestito a interesse, ma ben presto dovettero far fronte a una forte crisi economica. Così nel 1348 i discendenti di Bonagiunta vendettero le case e il terreno acquistato pochi decenni prima sulla direttrice oggi su via Martelli – via Cavour, dove poi sarebbe sorto il quattrocentesco Palazzo Medici.
L’ultimo rappresentante della linea maschile discendente da Bonagiunta fu Fantino, socio di Giovanni di Bicci fra il 1422 e il 1426 e bisnipote di uno dei fratelli di Ardingo. Tale discendenza si estinse alla metà del Quattrocento. Chiarissimo di Lippo di Chiarissimo risulta nel 1240 creditore nei confronti del monastero di Camaldoli e nel 1253 fu nominato cavaliere. Suo figlio Giambuono fu ufficiale dell’esercito riunito per affrontare i senesi nella rovinosa Battaglia di Montaperti. Fra gli eletti al Priorato delle Arti nel 1322 ci fu Bernardo di Giambuono, che ai primi del Trecento fra le schiere dei guelfi Neri fu responsabile di violenze efferate nei confronti dei Bianchi. Anche il figlio Giovanni di Bernardo, nonostante una condanna a morte per omicidio poi revocata, fu ripetutamente chiamato al Priorato delle Arti e ad altre importanti cariche pubbliche: fu infatti gonfaloniere della Repubblica nel 1333 e nel 1340, ambasciatore a Lucca nel 1341 e venne decapitato nel 1343 per ordine del Duca di Atene, a causa delle sue simpatie popolari. Un suo cugino, Bonino di Lippo (Filippo) di Chiarissimo fu anche lui gonfaloniere nel 1312. Suo nipote Salvestro di Alemanno, bisnipote di Chiarissimo, è forse il Medici più celebre del Trecento per aver partecipato al tumulto dei Ciompi nel 1378. Prima di allora si era distinto per aver assunto prestigiose cariche pubbliche e importanti compiti diplomatici. Nel 1351 si impegnò con successo nella guerra contro i Visconti in difesa del castello di Scarperia. Nel 1378 era gonfaloniere, quando lasciò emergere incontrollata la rivolta capeggiata da Michele di Lando, per opporsi ai suoi avversari politici di stampo conservatore. Per questo fu condannato all’esilio nel 1382 per cinque anni. Morì nel 1388 e fu sepolto in Duomo. Misera sorte fra avventatezze e prevaricazioni toccò anche ai famigliari di Salvestro: il figlio Niccolò fu assassinato nel 1364; venne accusato del reato lo zio Bartolomeo di Alemanno, che riuscì a farsi annullare la condanna a morte. Costui nel 1360 tentò un colpo di stato. Nel 1377 Africhello di Alemanno, un altro fratello di Salvestro, fu dichiarato magnate a causa dei soprusi inferti a una povera vedova alla quale voleva sottrarre le terre. Verso la fine del secolo Antonio di Bartolomeo partecipò a una sollevazione capeggiata da Donato Acciaioli, che costò a lui e al cugino Alessandro l’esilio. In generale nel Trecento, mentre i discendenti di Bonagiunta, come si è visto, vivevano una inarrestabile crisi economica, a molti altri esponenti della famiglia Medici toccò l’esilio, l’interdizione dai pubblici uffici o persino la condanna a morte, per atti di violenza, soprusi, aggressioni e persino omicidi. Infine l'ultimo ramo, quello di Averardo. Costui risulta il primo Medici impegnato a comprare terre in Mugello, zona situata a nord-est di Firenze: infatti nel 1260 avviò una vasta opera di acquisti in questa area del contado fiorentino, terminata nel 1318 dal figlio omonimo. Averardo di Averardo, già priore (1309) e poi gonfaloniere (1314), divise tali proprietà fra i sei figli nel 1320. I figli di Averardo, Jacopo, Giovenco, Salvestro, Francesco, Talento e Conte, dettero vita ad una florida attività bancaria fondando la compagnia filii Averardi, di cui però si hanno notizie solo fino al 1330. Dopo tale data non risultano altre attività finanziarie concertate in gruppo da membri della famiglia Medici, forse anche a causa dei frequenti disaccordi e contrasti sorti fra i vari componenti, di solito sollevate per questioni di proprietà o eredità. Il prestito a interesse continuò, comunque, ad essere molto praticato, anche se solo individualmente. Un figlio di Talento, Mario, divenne gonfaloniere nel 1343. Nella difficile situazione in cui i Medici si trovarono dalla metà del Trecento, si distinsero alcune personalità che risollevarono le sorti della famiglia. In particolare Giovanni, figlio di Conte e nipote di Averardo, fu attivissimo nella vita pubblica: fu gonfaloniere nel 1349, nel 1353, nel 1356; fu vicario a Pescia (1346) e podestà a Prato (1365); venne incaricato di varie missioni diplomatiche e militari fuori dei confini fiorentini (Lucca, Piemonte, Pistoia, Siena, Milano). Nel 1351 Giovanni divenne capitano della provincia del Mugello e, con lo zio Salvestro, si impegnò nella difesa militare del castello di Scarperia dall’assedio delle truppe viscontee. L’anno seguente era a Napoli fra gli ambasciatori inviati dalla Repubblica fiorentina per rendere omaggio alla nuova regina Giovanna I. Nel 1355 con Antonio Adimari, al comando di 200 cavalieri fiorentini, scortò Carlo IV fino a Roma per l’incoronazione. Fra il 1335 e il 1375 Giovanni e i fratelli, fra cui Filigno di Conte, comprarono per circa 9.000 fiorini d’oro 170 appezzamenti di terreno perlopiù nella zona del Mugello. Gli stessi Giovanni e Filigno si preoccuparono di accrescere anche gli immobili in città di loro proprietà, anche se vi investirono molto meno denaro rispetto ai beni fondiari in contado. Fra il 1348 e il 1373 comprarono diverse case e botteghe nell’area fra il Mercato Vecchio e il Ponte Vecchio. Essi risiedevano proprio nella zona del Mercato, come i loro avi, e lì possedevano fra l’altro la torre di San Tommaso e una loggia. Decisero però di andare a risiedere altrove e di riservare gli antichi immobili agli affari e alle attività commerciali. Nel 1349 comprarono infatti le prime nove parti di un “palagio” su via Larga. In quella medesima strada i discendenti di Bonagiunta avevano posseduto case e un terreno, venduti appena l’anno prima. Nel 1361 Giovanni di Conte e i fratelli acquistarono le rimanenti undici parti dell’edificio, che poi nel Quattrocento si sarebbero trasformati nella “casa vecchia” di famiglia. Nel 1375 i figli di Conte de’ Medici risultano inoltre proprietari di altre sei case adiacenti. Nel 1374 Filigno di Conte scrisse il Libro di Memorie che costituisce un'importante fonte di notizie sulla sua famiglia e sulle sue proprietà dal XII secolo in poi. In generale, come si può evincere da questa introduzione, i Medici furono attivi protagonisti della vita pubblica ed economica della città ben prima della loro grande ascesa, anche se è solo con quest'ultima che assunsero fama e prestigio internazionale.
Giovanni di Bicci [modifica]
Giovanni di Bicci (1360-1429) fu un uomo molto ricco e, grazie alla sua benevolenza, ben amato dalla cittadinanza. Poco si sa della parte iniziale della sua vita, perché uomo assai modesto e prudente evitò di mettersi in evidenza sulla scena politica ma si dedicò solamente ad aumentare il suo patrimonio che divenne in breve tempo ingentissimo. Nonostante questa riservatezza fu Priore nel 1402, nel 1408, nel 1411 e infine nel 1421 fu gonfaloniere di Giustizia (questo dimostrerebbe che non fu mai perseguitato dal governo aristocratico, che anzi cercò di assimilarlo).
La sua solida ricchezza era nata dalla sua attività di banchiere, attraverso la creazione di una rete di compagnie d'affari, che aveva un'importantissima filiale a Roma, dove appaltava le entrate delle decime papali, un mercato ricchissimo e di grande prestigio che gradualmente riuscì a avere sgombro da altri concorrenti. Erroneamente si ritenne nell'Ottocento che Giovanni di Bicci appoggiasse l'istituzione del catasto, un sistema di tassazione che per la prima volta colpiva in maniera proporzionale in base al reddito e ai possedimenti delle singole famiglie. Una misura che colpì tutta la classe dei più abbienti a Firenze, ma che sollevò i ceti minori e i piccoli-medi imprenditori da una tassazione sempre più gravosa, in seguito alle numerose guerre contro i Visconti di Milano. Questo errore era basato su quanto era detto da Giovanni Cavalcanti nelle sue Storie fiorentine ma in realtà contraddetto dai documenti che dimostrano in modo inoppugnabile che la legge del catasto fu proposta e difesa e fatta approvare da Rinaldo degli Albizzi e da Niccolò da Uzzano, i due massimi esponenti del partito aristocratico[2]. In realtà non si trattò di vera e propria ostilità alla legge in sé, ma alle sue modalità d'applicazione, soprattutto per il fatto che i proventi della nuova tassazione sarebbero serviti per finanziare una inutile guerra contro Milano promossa dagli oligarchi e alla quale Giovanni era fermamente contrario.
La sua fortuna venne ereditata solo dal figlio primogenito, Cosimo de' Medici, poi detto "il Vecchio", per non frammentare il patrimonio familiare, come era usanza del tempo.
Cosimo il Vecchio [modifica]
Cosimo (1389-1464) ebbe un carattere energico, nel segno del padre, anche se in sostanza molto diverso. Aveva infatti una tempra da dominatore che lo portò ad essere ancora più potente e ricco del genitore. Oltre alla notevole abilità come uomo d'affari, oltre ad essere un appassionato uomo di cultura e un grande mecenate, fu soprattutto uno dei più importanti politici del Quattrocento italiano.
Si accorse ben presto che la ricchezza familiare era ormai troppo grande per essere tutelata senza copertura politica, per via delle operazioni finanziarie di entità sempre più ragguardevoli e quindi rischiose. Perciò iniziò la sua ascesa verso le leve del potere della Repubblica fiorentina. Si manifestò subito la sua proverbiale prudenza: egli non mirava a diventare signore della città, magari con un colpo di mano o cercando di essere eletto nei ruoli più prestigiosi di governo, ma la sua figura restò in ombra, vero burattinaio di una serie di personaggi fidati che per lui ricoprivano incarichi chiave nelle istituzioni.
Il potere era in quel momento detenuto in particolare dagli Albizi, da Niccolò da Uzzano, da alcuni Strozzi, Peruzzi, Castellani, ecc.
Crescendo la popolarità di Cosimo ed il numero dei suoi amici, gli uomini che detenevano il potere iniziarono a vedere in lui una minaccia. Il 1º settembre 1433 venne estratto come Gonfaloniere di Giustizia Bernardo Guadagni ed una Signoria profondamente legata agli Albizi ed ai suoi adepti. Fu fatta cosi la volontà di Rinaldo degli Albizi. La nuova Signoria fece imprigionare Cosimo nel settembre 1433 con l'accusa di aver fomentato cospirazioni e complotti all'interno della città e di aver operato scientemente e con dolo perché Firenze entrasse in guerra con Lucca. Erano accuse confuse e false che dovevano condurre Cosimo a morte.
Mancò a Rinaldo degli Albizi la fredda determinazione di condurre le cose all'estremo. Una serie di "bustarelle" abilmente distribuite da Cosimo gli evitarono la condanna a morte con la conversione della pena in esilio, fu la cosiddetta prima cacciata dei Medici. Dopo la partenza di Cosimo per Padova e Venezia, le istituzioni repubblicane ebbero una continua instabilità[3].
Rinaldo degli Albizi non era uomo della stessa tempra del padre e nella situazione che precipitava non ebbe il coraggio o la forza di esercitare un controllo sulle estrazioni, errore che non ripeté invece Cosimo, che una volta al potere condizionò in maniera totale i nomi degli imborsati e di fatto evitò le avventurose estrazioni a sorte. Cosi nel settembre 1434 fu estratta una Signoria completamente favorevole ai Medici. Cosimo fu quindi richiamato a Firenze appena un anno dopo la sua partenza e furono mandati in esilio i suoi oppositori.
L'entrata trionfale di Cosimo, acclamato dal popolo, che preferiva i tolleranti Medici agli oligarchici e aristocratici Albizi e Strozzi, segnò il primo grande trionfo della casata medicea.
Cosimo, abilissimo politico, continuò a mantenere intatte le libere istituzioni, favorì industrie e commerci, attirandosi sempre più le simpatie del popolo e mantenendo la pace a Firenze. Nel 1458 creò il Consiglio dei Cento.
Cosimo, nominato pater patriae per l'abbellimento e lo sviluppo notevoli che diede alla città, morì lasciando lo stato nelle mani del figlio Piero (1416-1469). Questi fu un saggio regnante, ma la malattia che gli valse l'appellativo de il Gottoso, gli permise di guidare il governo della città solo per cinque anni.
Il Magnifico Lorenzo [modifica]
La figura di Lorenzo il Magnifico (1449-1492), figlio di Piero è stata alternativamente nel tempo oggetto di glorificazione o di ridimensionamento. Educato come un principe, era nato con il destino già segnato dalla sua blasonatura; salì al potere alla morte del padre, senza grandi stravolgimenti. Sposato alla nobile romana Clarice Orsini fu il primo dei Medici a legare il proprio nome con un personaggio di sangue blu. A 29 anni, dopo nove anni di governo, subì il più grave attacco nella storia medicea, la cosiddetta Congiura dei Pazzi nella quale morì il fratello Giuliano e lui stesso venne ferito, ma uscendone eccezionalmente vivo. In seguito alla congiura, alla quale avevano partecipato alcuni suoi oppositori fiorentini con l'appoggio del papa e di altri stati italiani, il popolo di Firenze si schierò ancora più nettamente dalla sua parte. I suoi sostenitori (detti Palleschi in riferimento alle 'palle' presenti nello stemma mediceo) punirono duramente i responsabili, dando a Lorenzo l'occasione di accentrare ulteriormente il potere nelle sue mani, attraverso una riforma delle istituzione repubblicane, che divennero a lui subordinate.
Dal punto di vista della politica estera, Lorenzo ricucì i rapporti con gli altri stati italiani, recandovisi spesso di persona, creando la grande impresa diplomatica di una pace generale in Italia, attraverso il concetto di coesistenza pacifica.
Grande uomo di finanza e di politica, anche Lorenzo amava svagarsi con la poesia e la letteratura. Anzi la sua personalità letteraria fu di notevole levatura, tanto da offuscare anche il suo ruolo politico. Si occupò anche di filosofia, di collezionismo ed ebbe sempre l'amore appassionato per le arti in genere, delle quali aveva dopotutto appreso dai suoi predecessori il fondamentale ruolo quale strumento di prestigio e fama. È infatti grazie al suo interessamento che la Cappella Sistina, già affidata ad artisti umbri come il Perugino, viene poi affrescata dai migliori pittori fiorentini, esportando verso Roma quelle novità insigni del Rinascimento fiorentino. Sempre nella stessa ottica si può inquadrare la partenza di Leonardo da Vinci per Milano.
Nemico dichiarato di Lorenzo fu Girolamo Savonarola, che nella sua convinzione ultrareligiosa, non poteva che scontrarsi con il clima culturale di recupero dell'antico (visto dal frate come un neo-paganesimo), della centralità dell'uomo, del libero pensiero promosso da Lorenzo. Il Magnifico lo tollerava come se fosse un male minore, mantenendo con lui comunque un rispetto reciproco, tanto che tra i due non ci fu mai un aperto scontro diretto.
La seconda cacciata dei Medici (1494-1512) [modifica]
Con la morte di Lorenzo, salì al comando di Firenze suo figlio Piero (1472-1503), educato fin dall'infanzia a ricoprire tale ruolo. Tutti gli occhi della città erano puntati su di lui, ed è chiaro come tutti cercassero di capire se avesse la stoffa o meno per essere all'altezza dell'incarico che ricopriva. La pace mantenuta da Lorenzo se ne andò con la sua morte e già due anni dopo Carlo VIII di Francia scendeva in Italia con il suo esercito. La crisi travolse Piero: intimorito dal sovrano e dall'esercito francese acconsentì a qualsiasi richiesta, regalando quattro piazzeforti sui confini di Toscana e spalancando le porte del regno (i cronisti più a lui avversi diffusero anche la notizia che avesse baciato le babbucce del re inginocchiandosi). Accusato di viltà e debolezza venne cacciato dalla città con una sentenza datata 9 novembre 1494. La città allora divenne uno stato "teocratico" governato da Savonarola. Il trionfo del frate domenicano però fu di breve durata: travolto dalle lotte tra le fazioni e soprattutto sopraffatto dall'opposizione con Papa Alessandro VI, venne scomunicato e condannato al rogo. Intanto la Repubblica navigò in cattive acque per la difficile situazione internazionale.
Dopo la morte di Piero, annegato nel Garigliano nel 1503, l'autorità di capo della famiglia passò al cardinale Giovanni de' Medici, che rientrò a Firenze nel 1512 dopo aver sconfitto i francesi di Luigi XII, alleati di Firenze. Con Giovanni rientrano a Firenze suo fratello Giuliano e il figlio dello sfortunato Piero, Lorenzo, che, ora ventenne, non vedeva la sua città da quando era poco più che in fasce.
I papi medicei: Leone X [modifica]
Giovanni, grazie anche al sostegno del partito orsinesco al quale era appartenuta sua madre Clarice, fu eletto papa con il nome di Leone X nel 1513. Il governo di Firenze ormai avveniva nel Palazzo Vaticano invece che in Palazzo Vecchio. Leone, ricordato tra i papi più magnificenti della curia romana (o più dispendiosi, secondo i detrattori), fu un grande mecenate di artisti (soprattutto di Raffaello Sanzio e Michelangelo Buonarroti) e un nepotista senza remore. Mentre con grande soddisfazione Giuliano veniva inviato dal Re di Francia, dove, grazie ai suoi servigi, otteneva il primo titolo nobiliare, il "Ducato di Nemours", Lorenzo veniva spedito dallo zio papa in una costosa e inutile guerra contro Francesco della Rovere, signore di Urbino, al termine della quale lo incoronò "Duca di Urbino". Entrambi ebbero spose di alto lignaggio e portarono nel Palazzo Medici di Firenze un'etichetta principesca e quei modi altamente sofisticati dell'alta nobiltà che ben poco avevano a che fare con la semplicità solenne di Cosimo il Vecchio. Ma il trionfo di Leone durò ben poco, perché sia Giuliano che Lorenzo morirono poco più che trentenni di malattie, aggravate dalla predisposizione ereditaria alla gotta tipica del ramo principale della famiglia. Per i due rampolli da lui tanto amati Leone X fece costruire la Sagrestia Nuova in San Lorenzo da Michelangelo. Anche Leone morì improvvisamente ad appena 46 anni.
I papi medicei: Clemente VII [modifica]
Dopo l'iniziale momento antimediceo, a Roma si scelse un papa riformatore, il fiammingo Adriano VI, che potesse combattere e ricomporre la frattura nata al tempo di Leone X con lo scisma della Riforma protestante. Ma la sua condotta, forse troppo estremista, non piacque all'ambiente della curia, che dopo la sua repentina morte, dopo appena un anno di pontificato, scelse di eleggere di nuovo un Medici, il cardinale Giulio de' Medici, già tra i più fidati consiglieri del cugino Leone X.
Clemente VII, questo il nome scelto, delegò l'amministrazione di Firenze al cardinale Silvio Passerini, mentre si questionava su chi doveva diventare il nuovo signore della città: Ippolito, figlio illegittimo di Giuliano di Nemours, o Alessandro, figlio di Lorenzo, nato da una passione con una schiava mulatta? La predilezione del papa per Alessandro, additato da molti come figlio dello stesso papa, nato quando era ancora cardinale, fu tale da far propendere la scelta su quest'ultimo, nonostante la sua pessima reputazione e la scarsa stima che i fiorentini avevano per lui.
Clemente ebbe uno dei papati più difficili della storia: scelta l'alleanza con i francesi piuttosto che con il nuovo imperatore Carlo V, con la consueta opzione di ribaltare le alleanze secondo il maggior profitto, non piacque per niente all'Imperatore, che organizzò un esercito tedesco-spagnolo, i tremendi Lanzichenecchi e marciò verso Roma, in una specie di crociata protestante contro la corruzione del papato. Tentò di bloccare i Lanzichenecchi Giovanni dalle Bande Nere, l'unico condottiero di valore della famiglia, che però morì tra grandi sofferenze dopo essere stato colpito da un archibugio in una battaglia presso il Po. Con la notizia del Sacco di Roma (1527) i fiorentini stessi si ribellarono ad Alessandro, cacciando lui e tutti i Medici dalla città (Terza cacciata).
Clemente subì il tremendo saccheggio della città e l'affronto della prigionia ad Orvieto, dopo di che l'imperatore, pentito dalla piega che avevano preso gli eventi, offrì la sua mano al papa organizzando una riconciliazione nell'occasione della sua incoronazione ufficiale a Bologna.
In cambio Clemente VII ebbe l'aiuto nella riconquista di Firenze, con il famoso assedio del 1529-1530 e l'investitura di Alessandro come Duca, che sanciva definitivamente il dominio dei Medici sulla città.
Ma mentre una tempesta si placava, ecco che il rifiuto di concedere l'annullamento del matrimonio al re Enrico VIII d'Inghilterra si trasformò in un ulteriore contrasto con il papa, e l'inizio dello scisma anglicano.
Caterina de' Medici [modifica]
Caterina de' Medici (1519-1589), rimasta orfana del padre Lorenzo d'Urbino appena nata, era la nipote preferita di Clemente VII.
Quando si trattò di scegliere per lei un marito, si aprirono le trattative con numerose famiglie nobili italiane ed europee. Sebbene molti criticassero la nobiltà recentissima di Caterina, la sua dote principesca e la parentela con il papa in carica facevano gola a molti. Con grande soddisfazione di Clemente Caterina andò in sposa niente meno che al delfino di Francia, destinata quindi a diventare regina quando suo marito divenne Enrico II di Francia.
Fu madre dei re Francesco II, Carlo IX, Enrico III e delle regine Elisabetta (regina di Spagna) e di Margherita (regina di Navarra e di Francia). Prima regina poi Reggente di Francia, Caterina de' Medici è una figura emblematica del XVI secolo. Il suo nome è legato alle guerre di religione contro le quali ha lottato tutta la sua vita. Sostenitrice della tolleranza civile, tentò numerose volte di seguire una politica di conciliazione con l'aiuto dei propri consiglieri, fra cui il celebre Michel de l'Hospital.
Una leggenda nera che la perseguita da tempo immemorabile ne ha fatto una persona austera, attaccata al potere e persino malvagia. Caterina de' Medici è stata poco a poco rivalutata dagli storici che oggi riconoscono in lei una delle più grandi regine di Francia. Il suo ruolo nel massacro della notte di San Bartolomeo tuttavia contribuisce ancora oggi a farne una figura controversa.
Il Duca Alessandro [modifica]
Alessandro de' Medici, detto il Moro per il colore scuro della sua pelle, per via delle sue origini "bastarde", era stato nominato Duca da Carlo V, chiudendo definitivamente la stagione plurisecolare della Repubblica fiorentina e della sua libertas. Il governo venne accentrato nelle sue sole mani e la sua ascesa venne sancita anche dalla promessa di matrimonio con Margherita, figlia naturale dell'Imperatore Carlo V.
Il nuovo Duca però era tristemente noto per il suo carattere vizioso e crudele, improntato agli eccessi: era sempre accompagnato da un picchetto di guardie imperiali che erano abituate a terrorizzare i cittadini con improvvise e sconcertanti azioni.
Suo cugino Lorenzino de' Medici, abituato a vivere alla pari con Alessandro, fu sorpreso dal doversi sottomettere al suo nuovo rango, ma questa era solo la "punta dell'iceberg": i rapporti di complicità/odio e invidie reciproche tra i due, dal simile carattere "maledetto", sono stati di volta in volta mistificati o sminuiti dagli storici e probabilmente non si sapranno mai per la mancanza di documentazione.
Fatto sta che nel gennaio del 1537 Lorenzino, poi detto Lorenzaccio, tende un tranello al super-protetto cugino, che si presenta a lui senza le guardie, finendo accoltellato da un sicario pagato da Lorenzino. Morì così a 26 anni lasciando solo un figlio e una figlia illegittimi di pochissimi anni: anche se fossero stati accettati per la successione (cosa improbabile perché figli naturali di un illegittimo) si sarebbe aperto un difficile contenzioso per la reggenza.
Ma anche Lorenzino subì una sorte simile: profugo nel nord-Italia e poi in Francia da Caterina de' Medici, tornò e si stabilì poi a Venezia, dove lo raggiunsero i sicari di Cosimo I che lo accoltellarono appena fuori dalla casa della sua amante (1548).
Cosimo I [modifica]
Con la morte di Alessandro il ramo principale dei Medici, quello di Cosimo il Vecchio, era esaurito nelle ramificazioni legittime e illegittime. Nell'incertezza generale, tra le proposte di ripristinare la Repubblica o far venire a Firenze un emissario imperiale, saltò il nome di un ragazzo di diciotto anni, Cosimo (1519-1574), figlio di Giovanni delle Bande Nere e di Maria Salviati, la quale a sua volta era nipote di Lorenzo il Magnifico, quindi di recente e diretta parentela con il vecchio ramo familiare. Si dice che gli stessi fiorentini furono affascinati dal carattere mite e ossequioso del giovane fino ad allora cresciuto nell'ombra, per cui rinunciarono a quella che fu di fatto l'ultima occasione per riottenere la libertà repubblicana. Con l'investitura imperiale (unica clausola, lasciare il potere al Consiglio), la successione venne confermata. Non passò molto che il giovane mostrò il suo volto di sovrano forte (con la battaglia di Montemurlo, contro i Repubblicani guidati da Filippo Strozzi), a tratti tirannico e spietato, che tenne lo stato per 37 anni ricorrendo spesso all'uso dittatoriale del terrore: tra le pagine più nere del suo governo si ricorda la soppressione della Repubblica di Siena. Secondo le varie fonti il giudizio comunque oscilla anche parecchio: per Franco Cardini per esempio fu un sovrano saggio e lungimirante, che innegabilmente fece una oculata gestione dello Stato, abile finanziariamente e promotore delle attività economiche, e delle arti (con la nascita di una vera e propria scuola di "artisti di corte" come il Bronzino, il Vasari, eccetera).
Trasferitosi nel Palazzo della Signoria (come a sottolineare che il potere governativo e la sua persona sono la stessa cosa), fu il primo nobile della famiglia a poter godere durevolmente di questo status: ebbe una moglie di alto rango, la bella e sofisticata Eleonora di Toledo, figlia del Viceré di Napoli, e una vera e propria reggia, quella di Palazzo Pitti, appositamente ampliato per lui e la sua corte. Dal 1569 ebbe dal papa il titolo di granduca, per il suo acquisito dominio sulla Toscana.
Francesco I [modifica]
Il secondo Granduca di Toscana fu il figlio primogenito di Cosimo, Francesco I de' Medici (1541-1587). A tratti simile al padre, talvolta dissoluto e dispotico, ed ebbe una vena però più crepuscolare, che lo portava a passare periodi di solitudine, con una sfrenata passione per tutto ciò che di misterioso ed occulto vi era nello scibile dell'epoca. Non a caso fu proprio lui a far costruire l'emblematico Studiolo di Palazzo Vecchio, permeato della cultura iniziatica e alchemica dell'epoca, o la magnifica Villa di Pratolino, dove tutto era sorpresa e meraviglia per i cinque sensi.
La sua casata era ormai alla pari delle altre casate regnanti europee, infatti ricevette come sposa niente meno che una sorella dell'Imperatore Massimiliano II, Giovanna d'Austria. Il matrimonio tra i due non si rivelò però felice: mentre nascevano solo figlie femmine (ben sei e un maschio morto in tenera età), Francesco si invaghì fatalmente di un'altra donna, la veneziana Bianca Cappello, con la quale visse una sfrontata storia d'amore, nonostante ella stessa fosse già maritata. Oltre all'inevitabile scandalo, tenuto a freno solo dalla sua posizione di capo di stato, la Cappello era malvista dai fiorentini, accusata addirittura di stregoneria, per non parlare della famiglia granducale che la odiò profondamente. Dopo anni di clandestinità, i due rimasero entrambi vedovi (anche questa una vicenda dai molti punti oscuri) e poterono sposarsi nel 1579, anche se il loro idillio durò fino alla notte di ottobre del 1587 quando entrambi morirono a poche ore di distanza tra lancinanti spasmi della febbre terzana... o di veleno del cardinale Ferdinando? Questo enigma secolare sembrava risolto nel dicembre 2006, quando studiosi tossicologi dell'Università di Firenze trovarono resti dei tessuti epatici di Bianca e Francesco che contenevano tracce di arsenico, somministrato loro in dose letale ma non massiccia, tanto che essi patirono undici giorni di agonia. Però, nel 2010, un gruppo di ricercatori dell'Università di Pisa ha identificato nel tessuto osseo di Francesco I il Plasmodium falciparum, agente della malaria perniciosa, confermando così la morte per malaria.
Ferdinando I [modifica]
Il cardinale Ferdinando de' Medici (1549-1609), secondogenito di Cosimo I, rinunciò alla porpora cardinalizia con dispensa papale quando l'improvvisa morte del fratello rese necessaria la sua salita al governo del granducato, col nome di Ferdinando I.
Se si escludono le ombre gettate solo recentemente circa la morte del fratello (riguardo alla quale una ricerca del 2009 ha escluso l'ipotesi di avvelenamento), Ferdinando fu l'unico granduca a riuscire a guadagnarsi una fama duratura: restituì ordine al paese e ripristinò l'integrità del governo; promosse una riforma fiscale e sostenne il commercio; incoraggiò il progresso tecnico-scientifico e realizzò grandiose opere pubbliche come la bonifica della Val di Chiana e il potenziamento del porto e delle fortificazioni di Livorno. In quello che allora era un modesto villaggio di pescatori egli realizzò importanti sovrastrutture, ma fu soprattutto la legge che lo dichiarava porto franco ad attirare profughi e perseguitati da tutti i paesi del Mediterraneo, facendo crescere rapidamente la popolazione e facendo così arrivare la manodopera necessaria allo sviluppo di quello che sarebbe presto diventato uno dei più attivi porti commerciali del mare nostrum.
Fu inoltre con lui che il sistema delle ville medicee raggiunse la massima estensione e splendore, grazie anche alla collaborazione dell'architetto Bernardo Buontalenti.
Maria de' Medici [modifica]
Figlia di Francesco I, Maria de' Medici (1575-1642), grazie all'intercessione dello zio granduca Ferdinando, all'età di venticinque anni sposò Enrico IV di Borbone, diventando la seconda Regina di Francia di casa Medici, dopo Caterina.
La storiografia riferisce che il loro non fu un matrimonio felice, ciò però non impedì alla coppia reale di avere sei figli dei quali cinque sopravvissero: il futuro Luigi XIII, Gastone d'Orléans, Elisabetta (regina di Spagna), Maria Cristina (duchessa di Savoia) ed Enrichetta Maria (regina d'Inghilterra).
Il 15 maggio 1610, dopo l'assassinio del marito, fu nominata reggente per conto di suo figlio, il futuro Luigi XIII ancora bambino. La politica estera di Maria, fu, al contrario di quella di suo marito, fortemente filo-asburgica: il primo passo in questa direzione fu determinato dai "matrimoni spagnoli" che unirono gli eredi delle due dinastie. In politica interna Maria dovette fronteggiare le rivolte dei principi protestanti. Nell'aprile del 1617 suo figlio, Luigi XIII, la esautorò a forza e lei fu costretta a ritirarsi nel castello di Blois. Nel 1622 Maria fu comunque riammessa a far parte del Consiglio di Stato.
Per cercare di riottenere il proprio posto di regnante, Maria, ricorrendo alla propria influenza, sostenne l'avanzata del futuro cardinale di Richelieu che entrò a far parte del Consiglio reale nel 1624. Richelieu si rivelò ben presto contrario alla politica estera di Maria e rovesciò tutte le alleanze spagnole fino ad allora consolidate. Maria cercò di opporsi in ogni modo ricorrendo anche ai complotti, aiutata dal figlio Gastone e dal Parti dévot, ma proprio a seguito del fallimento del complotto nel 1630 perse ogni autorità e fu costretta agli arresti domiciliari a Compiègne per poi autoesiliarsi dalla Francia. Morì sola e abbandonata a Colonia nel 1642.
Cosimo II [modifica]
Alla morte di Ferdinando gli successe il figlio Cosimo II (1590-1621). Personaggio di intelligenza brillante e di vasta cultura, era purtroppo ammalato di tisi, che lo portò a una morte prematura appena passata la soglia di trent'anni.
La sua figura è ricordata per due eventi principali:
- La liquidazione e chiusura del Banco Medici, che aveva permesso l'ascesa familiare, ma che ormai era visto dal granduca come un'attività "indegna di un sovrano regnante";
- La calorosa accoglienza e protezione offerta a Galileo Galilei, al quale egli donò la Villa il Gioiello a Arcetri, dove il grande scienziato poté continuare in pace i suoi studi ed esperimenti.
Decadenza ed estinzione [modifica]
Dal Seicento il Granducato visse quel periodo di lenta decadenza che contraddistinse tutto il resto della penisola italiana, con la stagnazione dei commerci, le pestilenze, il provincialismo. La casa regnante non solo non seppe porre rimedio a questi problemi, ma anzi ne accelerò l'impatto con un governo mediocre. Fu un'epoca di continue interferenze femminili di reggenti, madri e mogli con matrimoni mai azzeccati, con i granduchi maschi che sembrano aprirsi tutti a una bisessualità sempre meno celata. La madre di Cosimo II, Cristina di Lorena, sua moglie Maria Maddalena d'Austria e la moglie di Ferdinando II, Vittoria della Rovere, diedero vita a specie di matriarcati: influenzate da consiglieri ecclesiastici diedero vita a uno Stato sempre più marcatamente religioso, con una malintesa severità, che sfociò via via nel conformismo e nella bigotta ipocrisia.Non mancarono degli isolati sprazzi di luce nella generale inerzia dei governanti, soprattutto per merito dei cardinali di casa Medici: la fondazione dell'Accademia del Cimento del cardinale Leopoldo de' Medici, istituzione che continuò la ricerca scientifica secondo il metodo sperimentale di Galileo, o l'Accademia degli Immobili tramite il cardinale Giovan Carlo de' Medici, che fu all'origine del primo teatro "all'italiana", La Pergola, culla del melodramma.
Il resto fu caratterizzato da un'amministrazione sempre più apatica, ormai lontana dalle glorie del passato, come il lungo governo di Cosimo III, sordo alle richieste di un popolo sempre più affamato e in miseria per l'ingiusto gravare delle imposte, alle quali rispose ironicamente con la pompa quasi spagnolesca della corte. Già alla sua epoca si presentò drammaticamente il problema della successione: dei suoi tre figli il maggiore (il Gran Principe Ferdinando) morì di sifilide a cinquant'anni senza eredi, sua sorella Anna Maria Luisa era sterile e suo fratello Gian Gastone era manifestamente omosessuale. Mentre il destino del Granducato di Toscana veniva deciso a tavolino dagli altri sovrani europei, il sipario stava per calare sulla famiglia Medici.
L'ultimo atto della casata fu però degno della loro fama: nel 1737 Anna Maria Luisa stipulò con i nuovi successori, i Lorena (ramo della casa di Asburgo), il cosiddetto "Patto di Famiglia" che stabiliva che essi non potessero trasportare « o levare fuori della Capitale e dello Stato del Granducato... Gallerie, Quadri, Statue, Biblioteche, Gioje ed altre cose preziose... affinché esse rimanessero per ornamento dello Stato, per utilità del Pubblico e per attirare la curiosità dei Forestieri ».
Questo patto, scrupolosamente rispettato dai nuovi granduchi, permise che Firenze non perdesse nessuna opera d'arte e che non subisse la sorte, ad esempio, di Mantova o di Urbino, che all'estinzione della casata dei Gonzaga o dei Della Rovere erano state letteralmente svuotate dei tesori artistici e culturali. Se oggi i capolavori degli Uffizi, di Palazzo Pitti, della Biblioteca Medicea Laurenziana - solo per citare alcuni esempi più illustri - si possono ancora ammirare a Firenze e non a Vienna o in qualche altra città, lo si deve sicuramente alla saggezza, alla fermezza e alla lungimiranza di Anna Maria Luisa de' Medici.
Le ragioni del successo dei Medici [modifica]
I motivi che portarono la famiglia Medici a primeggiare così costantemente in un panorama così variegato e pluralistico come la Firenze dal Quattrocento in poi si possono riassumere in alcuni fattori chiave.- La ricchezza
- L'appoggio popolare
- Il papato
- L'appoggio imperiale
Cardinali della famiglia Medici [modifica]
Al pari di altre importanti famiglie italiane ed europee, anche i Medici ebbero numerosi cardinali. Il primo fu Giovanni de' Medici, futuro Papa Leone X, e la sua nomina al soglio cardinalizio fu molto probabilmente aiutata dall'alleanza con la famiglia romana degli Orsini, essendo la madre di Giovanni stessa una Orsini, Clarice. Da allora non mancò in famiglia almeno un cardinale per generazione, essendo generalmente destinati alla carriera religiosa i maschi secondogeniti. Leone X poi nominò cardinale almeno un nipote per ciascuno dei suoi fratelli e sorelle, arrivando così a una cospicua rappresentanza di "clan" nel sacro collegio, che per esempio permise la rapida elezione di un nuovo papa mediceo dopo la morte di Leone, Clemente VII.I cardinali della famiglia Medici non si distinsero mai per l'operato religioso, sebbene in alcuni casi fu meritevole e diligente, ma sono soprattutto celebri per la magnificenza con la quale adoravano circondarsi, supportando l'attività di numerosi artisti dei quali furono mecenati.
- Elenco di cardinali appartenenti alla famiglia Medici
- Ippolito de' Medici, nominato da Clemente VII nel 1529, morto nel 1535
- Giovanni de' Medici, poi papa Leone X, nominato da Innocenzo VIII nel 1488
- Alessandro de' Medici, poi papa Leone XI, nominato cardinale nel 1583 da Gregorio XIII
- Giovanni de' Medici
- Ferdinando I de' Medici
- Carlo de' Medici
- Giovan Carlo de' Medici
- Leopoldo de' Medici
- Francesco Maria de' Medici
- Giulio de' Medici, poi papa Clemente VII
- Cardinali Medici da parte di madre
- Niccolò Ridolfi (1501-1550), figlio di Contessina de' Medici
- Giovanni Salviati (1490-1553), figlio di Lucrezia de' Medici
- Bernardo Salviati (1492-1568), figlio di Lucrezia de' Medici
- Innocenzo Cybo (1491-1550), figlio di Maddalena de' Medici
- Luigi de' Rossi (1474-1519), figlio di Maria di Piero de' Medici
- Lorenzo Strozzi (1523-1571), figlio di Clarice de' Medici
- Ferdinando Gonzaga (1587-1626), figlio di Eleonora de' Medici
- Vincenzo II Gonzaga (1594-1627), figlio di Eleonora de' Medici
Altri rami familiari [modifica]
Oltre al più celebre ramo principale di Giovanni di Bicci, diviso nel ramo di Cafaggiolo (di Cosimo il Vecchio) e quello Popolano (di Lorenzo il Vecchio) e riunito in un unico ramo detto Granducale con Cosimo I, esistono anche altri rami derivati, la cui scissione risale a prima del Trecento, con i cugini di Giovanni di Bicci, di suo padre Averardo de' Medici, eccetera. Tra questi rami altri tre hanno guadagnato col tempo la nobiltà o altri riconoscimenti.
- Da Giovenco de' Medici, zio di Bicci, e suo figlio primogenito Giuliano derivò il ramo dei Medici Tornaquinci, con Raffaele de' Medici che nel 1628 divenne il primo Marchese della Castellina; con il sesto Marchese, Francesco Giuseppe de' Medici, che aveva sposato Margherita Tornaquinci, dal 1730 i loro discendenti presero il nome di Medici Tornaquinci. Il ramo è tuttora esistente (Giuliano è il 15º marchese, dal 1977).
- Dall'ultimo figlio di Giovenco, Francesco, deriva un secondo ramo di patrizi, estinto nel 1820.
- Ramo Napoletano-Principi di Ottajano: dall'ultimo figlio di Giovenco, Antonio, derivò dopo tre generazioni il ramo di Ottaviano de' Medici che faceva parte degli 8 di Balìa dal 1527. Ottaviano de' Medici sposò in prime nozze Bartolomea Giugni, figlia di Alamanno Giugni ed ebbe due figli, Costanza, contessa di Donoratico e Bernardetto de' Medici. In seconde nozze Ottaviano de' Medici sposò Francesca Salviati, (figlia di Jacopo e di Lucrezia de' Medici e zia di Cosimo I), dalla quale ebbe un figlio, Alessandro de' Medici, che nel 1605 fu eletto papa con il nome di Leone XI. Questo pontificato, che avrebbe potuto portare grande prestigio a questo ramo, durò però solo 26 giorni. Bernardetto de' Medici acquistò nel 1567 da Cesare Gonzaga di Molfetta la Signoria dell'importante e grande feudo di Ottaiano (ora Ottaviano) vicino Napoli, dando origine al ramo dei Principi di Ottaiano. Questo ramo, come suddetto, ebbe alcuni matrimoni con il ramo principale dei de' Medici. Infatti Francesca Salviati era anche nipote di Lorenzo il Magnifico. Bernardetto de' Medici sposò Giulia de' Medici, figlia naturale del Duca Alessandro e di Margherita d'Austria, vedova di Francesco Cantelmi e nipote di Caterina de' Medici, Regina di Francia. Nel 1609 il nipote di Bernardetto e di Giulia de' Medici, don Bernardo, ebbe dal Re di Spagna il Titolo di Principe di Ottaiano e un suo successore, Giuseppe I de Medici di Ottajano nel 1693 ottenne anche il titolo di Duca di Sarno e grazie a matrimoni con la nobiltà napoletana ottennero ancora altri titoli. All'estinzione del ramo regnante dei Medici di Toscana, il 4º Principe di Ottaiano, Giuseppe II, nel 1737 chiese di poter accedere alla successione in base alla sua discendenza, derivata dal Duca Alessandro tramite sua figlia Giulia, però le sue istanze non vennero accolte. Questo ramo dei Principi dei de' Medici di Ottajano ebbe grossa influenza politica nel Regno di Napoli, infatti appartenne a questa famiglia Luigi de' Medici, il più importante statista del Regno di Napoli (poi Regno delle Due Sicilie). Il ramo è tuttora esistente (don Giovanni Battista è il 14º Principe di Ottajano e 11º Duca di Sarno). Dal 1959 altri discendenti ottennero di poter usare il cognome completo di Medici di Toscana di Ottaiano.
- Altro ramo napoletano è verosimilmente quello di Gragnano, dove fin dal 1269 è documentato un tal Guglielmo, "giudice et percettore di collette" in Gragnano, città in cui la famiglia si sarebbe stabilita per sfuggire alle "guerre" che dilaniavano da ormai molti anni la città di Firenze[4]. Accanto alla cura degli interessi feudali, la stirpe era riuscita ad assicurarsi alte posizioni gerarchiche in campo politico, amministrativo, giuridico, e religioso. Si ricordino su tutti: Damiano di Napoli, familiare della regina Giovanna I nel 1343, Marino (o Marinello), nominato nel 1447 da Alfonso d’Aragona "miles secretis et magister portulanus terrae Hidruntiae provintiae Basilicatae", Stefano, governatore di Massa (ante 1522) e Sorrento, Cola (o Nicola), arcivescovo di Reggio nel 1284, Ascanio, arciprete di Gragnano dal 1579 al 1594, Camillo, celeberrimo giurista (1543-1598) e cavaliere commendatore del Sacro militare Ordine di Santo Stefano, che riuscì a farsi eternare nel sepolcro di una delle più prestigiose chiese del seggio napoletano di Montagna, quella dei Santi Severino e Sossio. Ancora oggi antichi reperti architettonici disseminati fra varie chiese di Gragnano lasciano intendere lo spazio che i Medici riuscirono a ritagliarsi nella città, dove la loro sfera d'influenza comprendeva fin dalla prima metà del Quattrocento le chiese di San Marco, dell'Assunta, del Corpus Domini, di San Tommaso di Canterbury, il convento dei Carmelitani e quello degli Agostiniani Scalzi[5]. Nel 1863 lo storico Liguori la dichiarava ormai "del tutto estinta"[6].
- Da Chiarissimo de' Medici, fratello del trisavolo di Averardo, derivò un quinto ramo, quello di Salvestro de' Medici, che si estinse nelle rispettive sotto-ramificazioni a più riprese: nel 1620, nella prima metà del Settecento e infine verso il 1770.
- Il ramo di Vieri de' Medici fu il primo a ottenere successo nell'attività finanziaria e per la sua condotta irreprensibile fu l'unico con quello di Giovanni di Bicci a non subire un'interdizione ventennale dalle cariche pubbliche dopo alcuni incidenti che videro protagonisti gli altri Medici rivoltosi. Perso il primato economico, i suoi discendenti vissero in ombra dei parenti più importanti. Il ramo si estinse nel 1732.
- Un ulteriore ramo "milanese" dal quale derivò il cardinale Giovan Angelo de' Medici, poi Papa Pio IV dal 1559, potrebbe avere una connessione risalente a prima del Trecento con il ramo fiorentino. Queste linee di parentela non sono mai state provate e la loro genealogia "presunta" fu descritta solo dopo l'elezione al papato di Pio IV. Per la mancanza di reali documenti oggi quelle ricostruzioni cinquecentesche non sono considerate attendibili.
Albero genealogico delle linee antiche e secondarie [modifica]
Medico di Potrone (1046? - 1102) │ Bono di Potrone (1069? - 1123) │ Bernardo di Potrone (1099? - 1147) │ Giambuono (1131 - 1192) │ └─Chiarissimo (morto dopo il 1210) │ └─Filippo detto Lippo de' Medici │ ├─Averardo (morto dopo il 1280) │ │ │ └─Averardo (morto prima del 1319) │ │ │ ├─Salvestro detto Chiarissimo │ │ │ │ │ └─Averardo detto Bicci (morto dopo il 1357) │ │ │ │ │ └─Giovanni di Bicci de' Medici --> ramo principale estinto nel 1743 (vedi sopra) │ │ │ └─Giovenco │ │ │ ├─Giuliano detto Giovenco │ │ │ │ │ ├─Giuliano │ │ │ │ │ │ │ └─[3 generazioni...] │ │ │ │ │ │ │ └─Raffaele │ │ │ │ │ │ │ ├─Francesco │ │ │ │ │ │ │ │ │ └─Raffaele (morto nel 1628), 1º Marchese della Castellina dal 1628, discendenza estinta nel 1705 │ │ │ │ │ │ │ │ │ └─Giuliano (1574-1636), arcivescovo │ │ │ │ │ │ │ └─Giulio │ │ │ │ │ │ │ └─[4 generazioni...] │ │ │ │ │ │ │ └─Francesco Giuseppe, 6º Marchese della Castellina, sposò Margherita Tornaquinci │ │ │ │ │ │ │ └─ --> (1) ramo dei Medici Tornaquinci, ancora esistente │ │ │ │ │ └─Antonio │ │ │ │ │ └─[2 generazioni...] │ │ │ │ │ └─Ottaviano de' Medici (1484-1546), sposò Bartolomea Giugni e poi Francesca Salviati │ │ │ │ │ ├─Bernardetto de' Medici (morto dopo il 1576), sposò Giulia de' Medici, comprò la signoria di Ottaiano │ │ │ │ │ │ │ └─Alessandro (morto nel 1606), Generale delle milizie pontificie │ │ │ │ │ │ │ ├─(3) Don Bernardo (morto prima del 1620), 1º Principe di Ottaiano, titolo concesso dal re di Spagna │ │ │ │ ramo dei Principi di Ottaiano │ │ │ │ │ │ │ └─Don Ottaviano, 2º principe di Ottaiano │ │ │ │ │ │ │ ├─ --> Ramo ancora esistente │ │ │ │ │ │ │ └─[6 generazioni...] │ │ │ │ │ │ │ └─Francesco de' Medici di Ottaiano (1808-1857), cardinale │ │ │ │ │ └─Papa Leone XI, cardinale Alessandro de' Medici, (1536-1605) │ │ │ └─Francesco --> (2) ramo patrizio estinto nel 1820 │ └─Chiarissimo (XIII secolo) │ ├─Lippo │ │ │ ├─Alamanno (morto nel 1355) │ │ │ │ │ └─Salvestro de' Medici (morto nel 1381), primo esponente politico di rilievo della famiglia │ │ │ │ │ └─ --> (4) ramo patrizio estinto nel 1742 │ │ │ ├─Arrigo (morto nel 1348) --> ramo estinto nel 1670 │ │ │ ├─Bonino --> ramo patrizio estinto nel 1749 │ │ │ └─Cambio (morto dopo il 1356) │ │ │ └─Vieri de' Medici (morto nel 1395) │ │ │ └─ --> (5) ramo patrizio estinto nel 1732 │ └─Giambuono --> ramo patrizio estinto nel 1771 ? (6)─Bernardino Medici di Nosigia (poi di Marignano o Melegnano) │ └─Gian Giacomo Medici (il "Medeghino", Milano, 1498-1555) │ └─Papa Pio IV (Giovanni Angelo Medici, Milano 1499 - Roma, 1565)
Studi sui Medici [modifica]
L'interesse verso la famiglia dei Medici prese campo solo dopo l'estinzione del casato granducale, attraverso l'attenzione di alcuni studiosi stranieri, soprattutto britannici[7]. Prima della metà del Settecento è infatti raro trovare studi sui membri della famiglia del XV secolo, mentre la stirpe granducale attirava interesse al pari di altri sovrani europei, ma soprattutto per quanto riguarda fatti scandalistici, avvenimenti scandalosi e pettegolezzi. Dopotutto anche Firenze stessa e la sua arte erano tenute ancora in poco conto dai visitatori del Grand tour, che si recavano principalmente a Roma e Venezia. Per assurdo si conosceva molto di più sui fatti sanguinari di Lorenzino de' Medici, sulle amanti di Cosimo I e su Bianca Cappello che sul loro mecenatismo, sulle mosse politiche e sulla natura del governo ducale e granducale.Uno dei pochi membri familiari a godere di una certa attenzione, anche come mecenate, fu Leone X, cantato per esempio da Alexander Pope nel 1711. L'amico di Pope John Boyle, conte di Cork e Orrery, rimasto forzatamente a Firenze per un anno a causa della gotta, ebbe modo di informarsi a fondo sulla città e sulla sua storia ed in una lettera del 1755 (Anna Maria Luisa era morta da poco più di un decennio) scrisse:
« A considerare i Medici tutti insieme, si vien presi da reverenza e rispetto da una parte, e da costernazione e orrore dall'altra. Stima e reverenza vengono dalla considerazione della loro generosità, beneficenza, dalla loro politica e dalle loro istituzioni scientifiche. L'orrore invece dall'udire gli oltraggi e le atrocità della loro vita privata. » |
Sul finire del Settecento iniziarono a studiare in maniera seria la famiglia Medici e i suoi membri, grazie a una serie di condizioni favorevoli che la materia presentava:
- si trattava di una dinastia estinta, quindi l'argomento era omogeneo e compiuto;
- l'essere stati principi permetteva meditazioni filosofiche sul tema della libertà politica;
- esisteva un paradosso affascinante, tra vita privata e desiderio di potere (da condannare) e meriti di mecenati e ispiratori di cultura (che nobilitavano).
Nel 1797 Mark Noble pubblicò le Memorie dell'illustre Casa dei Medici, la prima trattazione generale della storia familiare.
Questo contrasto tra tirannia e cultura continuò ad esercitare attrazione anche quando gli storici iniziarono a cancellare, grazie allo studio delle fonti, i vari pettegolezzi di depravazione che circolavano ormai diffusamente su più esponenti della famiglia.
Tra le figure che maggiormente studiate erano Cosimo il Vecchio e Lorenzo il Magnifico, quali responsabili della rinascita del sapere classico e del rinnovo nelle forme artistiche a Firenze, secondo uno schema anche troppo enfatizzato e oggi ridimensionato.
D'altro canto non mancarono le pubblicazioni che criticavano duramente i Medici, soprattutto in campo politico, come tiranni che tolsero, oltre che la libertà, la vitalità alla Repubblica fiorentina. Nel volume sulla storia di Firenze, all'interno della Universal History pubblicata a inizio dell'Ottocento, le tendenze dell'Illuminismo mettevano in cattiva luce la presa del potere dei Medici, bollati inequivocabilmente come tiranni.
Negli studi storici di matrice anglosassone dell'epoca si possono anche leggere i riflessi degli avvenimenti dell'epoca: quando Napoleone conquistava le piccole nazioni europee, si manifestò una viva ammirazione per le autonomie regionali e, dall'altra parte, biasimo per tutte le tirannie, compresa quella medicea. Nel 1812, quando Napoleone tentava di inserire la Russia nel blocco continentale contro l'Inghilterra, uno scrittore su Quarterly Review indicò Firenze come il migliore esempio di resistenza alla tirannia, specificando « non la Firenze sotto il governo dei Medici, ma durante l'età della sua vera grandezza ». Giudizi molto negativi espressero anche, tra gli altri, Adolphus Trollope e Mark Twain.
Giudizi altalenanti si manifestarono così anche nei secoli successivi: da un lato la storia "buona" dei Medici che compiono il miracolo inatteso del "rinascimento" grazie al denaro delle loro banche; dall'altro la storia "cattiva" dei signori che tolsero la libertà a un popolo felice nella propria democrazia. Questa natura controversa fa ancora oggi parte dello stimolo all'immaginazione e dell'interesse verso la dinastia medicea.
Nel 1995 è stato fondato il Medici Archive Project, archivio online contenente documenti attinenti ai Medici e i secoli della loro influenza a Firenze.
Note [modifica]
- ^ con qualche interruzione di breve durata, vedi paragrafi successivi.
- ^ Umberto Dorini, I Medici e i loro tempi, Nerbini, Firenze 1989.
- ^ A Firenze i magistrati venivano estratti a sorte da borse opportunamente predisposte e per quanto facesse il gruppo dominante non riusciva ad esercitare un completo controllo sui nomi imborsati.
- ^ Camillo de’ Medici, Copia processus originalis super familia pro illustrissimis dominis Camillo de Medicis et fratribus, 1583, ms. inedito, Biblioteca Nazionale di Napoli, XI.A.80, c. 2; Della Vipera, Repertorium illustrium familiarum neapolitanarum ex registris archivij Regiae Siclae, ms. inedito, Bibl. Naz. di Napoli, IX-C-9, c. 145r.
- ^ Francesco Pansa, Istoria dell'antica repubblica d'Amalfi e delle sue città, vol. II, Napoli, per Lailardo, 1724, p. 143, accessibile in google libri; Lawrence R. d'Aniello, La cappella Medici di Gragnano nella chiesa dei Santi Severino e Sossio a Napoli, in "Napoli Nobilissima", ser. 5., vol. 6, fasc. 1/4 (genn.-ago. 2005), pp. 21-64.
- ^ F.S. Liguori, Cenni storici della città di Gragnano e luoghi convicini, Napoli, 1863, p. 42.
- ^ Tutto questo paragrafo, comprese le citazioni, è basato sul capitolo Sopravvivenza dei Medici tra storia e leggenda in Firenze e i Medici, J.R. Hale, Mursia 1980.
Bibliografia [modifica]
- Marcello Vannucci, Le grandi famiglie di Firenze, Newton Compton Editori, Roma 2006
- Marco Ferri, I medici riesumano i Medici, Nuova Toscana Editrice, 2005
- Marcello Vannucci, Le donne di Casa Medici, Newton Compton Editori, Roma 2004
- AA.VV., Medici, Associazioni alberghi del libro d'oro, Nike edizioni 2001
- Marcello Vannucci, I Medici. Una famiglia al potere, Roma, Newton Compton Editori, 1994
- Franco Cardini, Breve storia di Firenze, Pacini Editore, Pisa 1990
- J. R. Hale, Firenze e i Medici, Mursia, Milano 1980
- Umberto Dorini, I Medici e i loro tempi, Firenze 1989
- G. F. Young, I Medici
- B. Dami, Giovanni Bicci de Medici nella vita politica
- Gaetano Pieraccini, La stirpe dei Medici di Cafaggiolo. Saggio sulla trasmissione ereditaria dei caratteri biologici
- Fornaciari G., Giuffra V., Ferroglio E., Gino S., Bianucci R., Plasmodium falciparum immunodetection in bone remains of members of the Renaissance Medici family (Florence, Italy, sixteenth century), Transactions of the Royal Society of Tropical Medicine and Hygiene, 104: 583-587, 2010.
Banco dei Medici
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera: http://it.wikipedia.org/wiki/Banco_dei_Medici
Il Banco dei Medici (1397-1494) fu la più grande e famosa banca d'Europa nel corso del XV secolo.[1]
Vi sono molti studiosi che ritengono la famiglia Medici sia stata per un certo periodo la famiglia più ricca d'Europa.[2] Con questa ricchezza, acquisì potere politico prima a Firenze e successivamente in Italia ed in Europa.
I Medici diedero un contributo notevole allo sviluppo della contabilità con il miglioramento del libro mastro attraverso l'inserimento del sistema della partita doppia che rendeva più evidenti crediti e debiti.[3]
Giovanni di Bicci de' Medici fu il primo Medici a costituire una sua banca, e mentre divenne influente nel governo fiorentino, soltanto suo figlio Cosimo de' Medici, che divenne gran maestro nel 1434, fu capo non ufficiale della repubblica fiorentina.
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Storia [modifica]
Fondazione [modifica]
I Medici si erano interessati di banca ad alto livello, mantenendo il loro stato di famiglia appartenente all'alta borghesia ed investirono i loro soldi in partecipazioni azionarie nelle terre del Mugello nel settore degli Appennini a nord di Firenze. In quel tempo i Medici erano la famiglia più ricca d'Europa e probabilmente del mondo.[4] La stima delle loro ricchezze, in valori dei nostri tempi, è difficile ed imprecisa, considerando che possedevano opere d'arte di inestimabile valore, terreni, oro e molto altro ancora. Essi non erano soltanto banchieri ma furono innovatori nel campo della contabilità. Ad un certo punto della loro storia gestirono gran parte delle finanze del mondo e la loro moneta divenne fra le preferite negli scambi internazionali.[5]
Mentre Giovanni padre di Averardo (?-1363; noto come "Bicci") non fu un uomo d'affari di successo né un banchiere, lo fu certamente un lontano cugino, Vieri di Cambio (1323-1396), che divenne uno dei banchieri più importanti di Firenze (il primo di una serie di modesti membri della famiglia, che ne vantava una ventina nel 1364[6]). Nella banca di famiglia fecero il loro apprendistato Giovanni ed il fratello maggiore Francesco (c. 1350-1412), che divennero poi soci. Francesco divenne socio di minoranza nel 1382, mentre Giovanni divenne amministratore della filiale di Roma nel 1385, divenendo a sua volta socio, anche se non era necessario capitalizzare la filiale visto che il Papato era solito depositare denaro e non chiedeva prestiti. [7] Vieri visse a lungo, ma la sua banca si suddivise in tre banche separate fra il 1391 ed il 1392. Una banca fallì molto presto, una seconda, gestita da Francesco e poi da suo figlio sopravvisse fino al 1443, e dopo circa dieci anni morì Averardo. La terza banca era controllata da Giovanni in società con Benedetto di Lippaccio de' Bardi (1373-1420).[8][9]
La fondazione del Banco dei Medici, è normalmente fatta risalire al 1397, in quanto è in quell'anno che Giovanni di Bicci de' Medici separò la sua banca da quella del nipote Averardo (che era stata il ramo romano della banca), spostando la sua piccola banca da Roma a Firenze. La filiale di Roma venne gestita da Benedetto, e Giovanni prese Baldassare Buoni (1371-1427) come socio. Essi versarono un capitale di 10.000 fiorini d'oro ed iniziarono l'attività, anche se Gentile lasciò presto l'azienda. Il cambio di città portò un vantaggio alla banca, in quanto molte delle grandi banche predominanti a Firenze nel XIV secolo (Bardi, Acciaioli Peruzzi) erano andate incontro a problemi, vedendosi usurpate, nella loro città, dagli Alberti che erano divenuti abbastanza importanti da catturare gli affari della Chiesa cattolica. Ma gli Alberti incapparono in una serie di liti familiari, e la famiglia venne bandita da Firenze nel 1382 (sebbene nel 1434 fu loro consentito di tornare), creando così un vuoto. La scelta di Giovanni si rivelò molto azzeccata, specialmente finché Firenze non ebbe a disposizione un buon porto sul Mediterraneo, che ottenne poi nel 1406 con la conquista di Pisa e del suo Porto Pisano. [10] Un altro vantaggio fu che era molto più facile investire i capitali a Firenze piuttosto che a Roma, poiché grazie ai depositi della Santa Sede, ottenuti da Giovanni a seguito della lunga collaborazione precedente, la banca disponeva di grandi somme da poter erogare in prestito.
Ascesa [modifica]
Rapidamente venne inviato un procuratore a Venezia per cercare opportunità di investimento. La sua attività si rivelò subito fruttuosa e venne aperta la seconda filiale del Banco il 25 marzo 1402. A seguito di una cattiva gestione amministrativa iniziale (commise l'errore fatale di violare l'accordo di associazione, prestando soldi ai tedeschi; ma Giovanni non dimenticò gli antichi servigi ricevuti ed inviò 20 fiorini per aiutarlo a sopravvivere.), andò incontro a difficoltà ma presto riuscì a risollevarsi. Fu da questa filiale che derivò l'usanza di pagare il direttore della filiale con le azioni di società che egli aveva acquistato nella sua attività gestionale.[11] Nello stesso 1402 venne fondata la prima fabbrica dei Medici per la produzione di stoffe di lana, ed un'altra venne aperta nel 1408. In questo periodo, la filiale di Roma aprì una filiale a Napoli (chiusa nel 1425 e sostituita con una a Ginevra[12] e Gaeta. Questo può sembrare molto, ma c'erano solamente 17 impiegati in totale nel 1402, e appena cinque nella sede centrale di Firenze, anche se ragionevolmente ben pagati e prontamente promossi (come nel caso di Giuliano di Giovanni di ser Matteo che passò dall'essere un impiegato nel 1401 a socio di minoranza nel 1408).[13]
Nel 1420, morì Benedetto de' Bardi (il ministro o direttore generale di tutte le filiali), e venne sostituito dal fratello minore Ilarione de' Bardi, che era il procuratore della filiale di Roma. Egli chiuse una delle fabbriche di tessuti, fra le molte ristrutturazioni decise a seguito della fine di alcune collaborazioni societarie in atto. Questo fatto è interessante in quanto i contratti vennero fatti da Ilarione nel nome di Cosimo e Lorenzo, e non di suo padre Giovanni; questo segna l'inizio di un trasferimento di responsabilità e di poteri.[14] Due Portinari vennero inseriti nelle filiali di Firenze e Venezia.
Giovanni morì nel 1429 - secondo Lorenzo, la sua eredità fu di circa 180.000 fiorini d'oro - ma la sua morte non ebbe effetti particolari, e la transizione verso il controllo di Cosimo fu abbastanza tranquilla, aiutata da Ilarione, che divenne ministro.[15] Fortunatamente per il Banco, Lorenzo di Giovanni di Bicci era in ottimi rapporti con Cosimo, e così non insistette nello sciogliere la società per ricevere la sua quota del patrimonio (la primogenitura non vigeva); molte banche fiorentine e società durarono solamente una generazione o due perché alcuni dei figli che ereditavano desiderarono ricevere la quota di eredità di loro spettanza.[16] Così le filiali crebbero e dopo quelle di Roma e Firenze, vennero aperte quelle di Venezia e Ginevra[17]. Ilarione non visse molto a lungo, e viene citato come morto in una lettera del febbraio 1433; questo fu un periodo poco fortunato durante il quale il governo di Albizzi stava operando contro la resistenza messa in atto dal giovane Medici (galvanizzato dal fallimento del governo di Albizzi in una guerra contro Lucca e Milano), decidendo alla fine di esiliare Cosimo a Venezia. In questo periodo della storia del Banco, le filiali in Italia produssero notevoli profitti, nonostante la politica sfavorevole, con il 62% del totale proveniente dalla filiale di Roma (nel 1427, la filiale di Roma aveva circa 100.000 fiorini depositati dalla Curia; in confronto, l'intera capitalizzazione del Banco dei Medici era di 25.000 fiorini d'oro.[18]) Il 13% proveniva dalla filiale di Venezia, mentre le filiali di Bruges, Londra, Pisa, Avignone, Milano e Lione non erano ancora state fondate.[19] In quel tempo sembra vi fosse un ufficio a Basilea che venne chiuso nel 1443.
Sviluppo [modifica]
Il 24 marzo 1439, venne fondata la filiale di Bruges anche se i Medici avevano già iniziato a realizzare affari nelle Fiandre, tramite agenti e corrispondenti, sin dal 1416. Ciò accadde quando il figlio del reggente la filiale di Venezia (1417-1435) venne inviato ad investigare, nel 1438, e tornò con l'opinione che sarebbe stato possibile creare una società a responsabilità limitata con Bernardo di Giovanni d'Adoardo Portinari (1407 - c. 1457) che assunse entrambi i ruoli di responsabile e azionista di maggioranza. Quando Angelo Tani (1415-1492) divenne azionista di minoranza nel 1455, venne creata la filiale con partecipazione paritaria del Banco dei Medici.[20] Una situazione similare di "accomandita" venne realizzata ad Ancona, sembra con Francesco Sforza, un alleato di Cosimo.
Come detto in precedenza, lo zio di Cosimo aveva aperto una banca con il ricavato del suo terzo della banca di Vieri, che chiuse nel 1443 con la morte del nipote di Averardo, prendendo la filiale di Pisa. Precedentemente, gli affari che i Medici dovevano realizzare a Pisa, come Cosimo che spedisce a Donatello i soldi per acquistare il marmo, erano stati realizzati tramite loro. Il 26 dicembre 1442, venne formata una società a responsabilità limitata con due soci poco noti. I Medici ridusse progressivamente la loro partecipazione in questa società e sembra che ne uscirono definitivamente, dopo il 1457, cedendo la loro quota ad un socio che la tenne fino al 1476. [21]
Il 1446 vide la nascita di altre due filiali: la precedente collaborazione a Bruges venne trasformata in società diretta, e venne iniziata una partecipazione a responsabilità limitata ad Avignone, il più grande centro di commercio del sud della Francia, nonostante la partenza del Papato. Nel giro di due anni questa associazione venne convertita in una piena partecipazione.[22] La filiale di Lione non era stata ancora fondata; essa si andò delineando come un graduale trasferimento della filiale di Ginevra, a causa della riduzione dei traffici delle fiere di Ginevra e della fondazione di quattro grandi fiere a Lione, che attrassero oltre 140 iniziative commerciali fiorentine.[23]). Il trasferimento venne completato nel 1466.[24]
La struttura del Banco aveva a quel punto raggiunto la fisionomia definitiva; una nuova filiale sarebbe stata aperta a Milano alla fine del 1452 o agli inizi del 1453, su richiesta del grato Sforza. Il suo primo rappresentante Pigello Portinari (1421 - ottobre 1468) era molto capace e la filiale prestava fondi alla Corte degli Sforza e, come la filiale romana, vendeva gioielli - finché Pigello morì e venne sostituito dall'inefficiente fratello Accerrito (1427 - c. 1503) che non riuscì ad incassare i massicci finanziamenti concessi alla Corte degli Sforza (che non rimborsarono i debiti di 179.000[25] ducati prima della sua morte avvenuta nel 1478). Un problema simile avvenne nella filiale di Bruges diretta dal terzo fratello Portinari, Tommaso.
In ogni caso, questo periodo (1435-155), sotto Cosimo ed il suo ministro Giovanni Benci, fu il più prospero nella storia del Banco. Con la morte di Cosimo il 1 agosto 1464, ebbe inizio il declino della società.
Declino [modifica]
Fallimento a Lione e Londra [modifica]
Un primo segnale del declino fu il quasi fallimento della filiale di Lione a causa della venalità del suo direttore, salvato solamente dagli sforzi eroici di Francesco Sassetti; le difficoltà erano affiorate dopo quelle registrate nella filiale di Londra, che avevano messo in difficoltà, per gli stessi motivi, la filiale di Bruges, che aveva prestato delle grosse somme di denaro a re Edoardo IV l'usurpatore del Casato di York; sebbene in un certo senso la filiale non avesse alcuna alternativa in quanto doveva affrontare l'opposizione dei commercianti e fabbricanti di stoffe interessati ai commerci con Londra ed i loro rappresentanti in Parlamento[26], che garantivano le necessarie licenze di esportazione subordinandole alla concessione dei prestiti. Essa era stata sciolta come società nel 1465, ed era stata reincorporata come accomandita. Nel 1467, Angelo Tani fu inviato per rivedere i libri. Tani tentò di iniziare il recupero dei crediti: il re doveva restituire 10.500 sterline; la nobiltà 1.000; altre 7.000 erano costituite da merci fornite e non più recuperabili. I fondi operativi (come avvenuto negli altri casi di fallimento precedenti) vennero presi in prestito dai Medici ad elevati tassi di interesse. Eoardo IV ammortizzò una parte del suo debito, ma i versamenti vennero presto ridotti (ma non negati) da nuovi prestiti e vendite di seta. Nella primavera del 1469, Tani terminò il salvataggio con sua grande soddisfazione, e ritornò in Italia. Il suo lavoro fu reso vano dal mancato sostegno dei direttori delle filiali interessate ed in particolar modo di quello londinese Canigiani; l'evento fatale fu la guerra delle due rose che rese Edoardo IV incapace di rimborsare i prestiti (il meglio che poté fare, per rimborsare i prestiti che aveva ottenuto, fu di aumentare i dazi sulla esportazione delle lane inglesi fino alla completa estinzione del debito), ed i ribelli Lancaster che non rimborsarono mai i loro prestiti dopo le loro morti e sconfitte.[27] La filiale terminò la sua liquidazione nel 1478, con una perdita totale di 51.533 fiorini d'oro.[28]
Fallimento a Bruges [modifica]
Dopo il fallimento della filiale di Londra, essa venne messa in accomandita sotto il controllo di quella di Bruges , diretta dal terzo dei fratelli Portinari, Tommaso Portinari. Anche questa filiale sarà destinata presto al fallimento. Portinari aveva diretto la filiale per diversi decenni, ed aveva dato prova di essere non capace: egli aveva concesso enormi prestiti alla Corte Burgunda per ingraziarsi il favore dei regnanti ed elevarsi socialmente. Aveva acquistato due navi che andarono perse, una per un naufragio e l'altra sequestrata dai pirati. Inoltre il debito della filiale londinese era stato assunto da quella di Bruges. Prima della morte di Piero, Portinari riuscì a trovare degli affari così favorevoli che lo portarono a vivere a Firenze, recandosi soltanto raramente, per affari, nei Paesi Bassi. La fine della filiale fu costellata da caos e situazioni strane e forse anche da frodi: Portinari rifiutò di restituire dei depositi, dichiarando che le somme erano state investite in società; disse anche che Angelo Tani come socio effettivo, era anch'egli responsabile delle perdite, nonostante il fatto che Tani non avesse mai firmato atti o quant'altro.[29] La dimensione degli ammanchi è difficile da stabilire: in una lettera, Lorenzo il Magnifico dice che i debiti di Carlo il Temerario ammontavano alla somma di 16.150 groat. I limiti dell'associazione impedirono fortunatamente di prestare più di 6000 groat.[30] In un'altra lettera, Lorenzo biasima Portinari per l'artificio di spostare tutti i debiti della filiale di Londra a quella di Bruges - a parte gli affari proficui della vendita della lana. Portinari comprò il 45% della società, mentre la sua partecipazione nella filiale di Bruges era solamente del 27.5%. La filiale venne liquidata nel 1478 con perdite sbalorditive: il fallimento della filiale di Bruges volle dire accollarsi le perdite della filiale dei Paesi Bassi oltre a quelle della filiale londinese. In totale si ebbero perdite per circa 70.000 fiorini d'oro. Questa valutazione risulta ottimistica, in quanto si presume che l'ammanco fosse maggiore di quello registrato sui libri contabili. Lorenzo ebbe a dire, "Questi sono i grandi profitti che abbiamo accumulato con la gestione di Tommaso Portinari."[31] Lorenzo rifiutò di accollarsi questa perdita ed inviò un agente fidato a Bruges per rivedere i libri e chiudere la società. Portinari si trovò ironicamente dinanzi ad una via senza uscita: non poteva rifiutare la chiusura, poiché l'azionista di maggioranza, Lorenzo, aveva dato l'avviso corretto, e doveva accettare i propri libri contabili poiché disse che erano accurati e le poste in bilancio, piuttosto strane, erano corrette. Il rappresentante Ricasoli fu aiutato in questo compito da Angelo Tani che venne da Firenze per stabilire la questione della sua associazione supposta nella filiale londinese attraverso quella di Bruges. Dopo la scissione della società nel 1478, Portinari cadde in situazioni difficili. Gli venne tolto l'accredito come diplomatico (aveva partecipato, tra l'altro, alla negoziazione del trattato Intercursus Magnus)[32]); anche se, ironicamente, la parte più utile di essere stato un diplomatico fu quella di essere capace di ritornare a Firenze senza finire in prigione per il mancato pagamento dei debiti. Morì povero, il 15 febbraio 1501, all'Ospedale di Santa Maria Nuova, che il suo antenato Folco di Ricovero Portinari aveva fondato. Il suo patrimonio era così modesto ed i suoi affari così equivoci che suo figlio rifiutò l'eredità, per evitare il pagamento di eventuali debiti pregressi.
Decadenza [modifica]
Dopo la morte di Cosimo, le sue proprietà ed il controllo del Banco passarono sotto il controllo del figlio maggiore Piero di Cosimo (Piero il gottoso[33]). Piero aveva ricevuto una educazione umanistica, diversamente dal fratello minore che era stata formato in affari economici ma che era morto giovane nella congiura de' Pazzi; i beni passarono per intero all'unico fratello superstite.[34] In teoria, il figlio Pierfrancesco di Lorenzo avrebbe potuto insistere sulla divisione delle proprietà, ma Pierfrancesco era stato allevato da Cosimo e "il suo rispetto per lo zio era così grande che non osò chiedere di poter avere la sua partecipazione nella società."[35]; Pierfrancesco sembra essere cresciuto con un atteggiamento ostile verso Cosimo, ma la sua morte nel 1476 prevenne ogni spartizione; con uno sguardo retrospettivo, si nota come Cosimo sottrasse la parte di eredità di Pierfrancesco per darla ai suoi due figli. Pierfrancesco sarebbe stato più saggio nell'effettuare tale separazione. Piero non era uguale a Cosimo, ma data la sua formazione, probabilmente avrebbe agito in maniera migliore, ma l'essere costretto a letto dalla gotta gli impedì di rivendicare quanto gli spettava. Piero riconobbe i problemi che si avvicinavano, e tentò di iniziare una "politica di riduzione delle spese" secondo quanto detto da Raymond de Roover[36]. Questa politica non sembra sia stata seguita correttamente - stando a quanto scrisse Niccolò Machiavelli nella sua storia di Firenze - in quanto comportò la richiesta di prestiti per far fronte ai pagamenti, che causarono il collasso di molte attività commerciali dei fiorentini e diedero il via al complotto contro Piero e la casa Medici.
Non è dato sapere se Machiavelli esagerò i problemi o se Piero aveva ordinato soltanto una contabilità completa; Machiavelli probabilmente può essere creduto fin quando scrive che avvenne una quantità notevole di fallimenti che portarono ad una lieve recessione nell'economia di Firenze, subito dopo la morte di Cosimo. De Roover cita la guerra fra Venezia e l'Impero Ottomano ed i collegamenti delle società che svolgevano affari con queste due potenze economiche del tempo, come concausa della crisi.[37]. È sicuro comunque che Piero tentò di intervenire pesantemente sulla filiale londinese per recuperare, per quanto possibile, i crediti vantati nei confronti di Edoardo IV; ordinò alla filiale di Milano di ridurre i prestiti, disse a Tommaso Portinari, della filiale di Bruges, di vendere le navi e di non concedere prestiti di difficile esigibilità e tentò di chiudere la filiale di Venezia divenuta non più proficua.[38] Nella prospettiva di seguire il suo piano d'azione, Piero si trovò in difficoltà: era politicamente costoso a richiedeva che i prestiti venissero rimborsati, e tali richieste potevano costargli care all'interno di Firenze: il re d'Inghilterra poteva rendergli impraticabili alcuni tentativi di esportare la lana inglese, e della lana inglese il Banco aveva disperato bisogno per due ragioni. Il primo era che quella lana era molto richiesta; se Firenze non avesse avuto la possibilità di approvvigionarsi per fare i tessuti, non avrebbe potuto vendere le sue merci e cosa più importante, non avrebbe potuto dar lavoro alle classi più modeste che si specializzavano in quel settore. La lana fiamminga era stata usata un tempo al posto di quella inglese, ma dopo il 1350 non aveva più un mercato in Italia e non veniva più importata fin dopo il 1400.[39]. La disoccupazione generò agitazioni e rivolte che coinvolsero Piero, ritenuto il reale governante di Firenze. La seconda ragione era che c'era un problema sistematico nel Bando dei Medici dove gli investimenti fluivano dal nord Europa verso l'Italia e la lana era necessaria per offrire un flusso di valuta verso nord per bilanciare i conti. Quindi quando Edoardo chiese i prestiti, la filiale di Londra non poteva esimersi dal concederglieli.[40]
Dal 1494, anche la filiale di Milano cessò di esistere. Le filiali che non erano state chiuse per problemi vari, videro la loro fine nel 1494, quando Savonarola ed il Papa iniziarono ad agire contro i Medici. La sede di Firenze era stata bruciata durante una rivolta, quella di Lione venne rilevata da una società concorrente, la filiale romana andò in bancarotta quando un certo cardinale divenne Papa Leone X e chiese gli 11.243 fiorini d'oro che aveva depositato nel Banco. Al momento del fallimento era ancora la più grande banca d'Europa, con almeno sette filiali e cinquanta agenti, un numero stupefacente per l'epoca.[41]
De Roover attribuì l'inizio della crisi del Banco a Cosimo. Lui passò la maggior parte del suo tempo dedicandosi alla politica, e quando non era impegnato negli intricati complotti della società fiorentina, patrocinava letterati ed artisti, o era occupato a comporre le sue poesie. Questo gli lasciò pochissimo tempo per occuparsi della selezione accurata dei direttori delle filiali del Banco e per guardare con attenzione all'interno del Banco con l'intento di evitare frodi e malversazioni. La maggior parte degli oneri vennero messi sulle spalle di Francesco Sassetti che era passato da semplice impiegato della filiale di Avignona a direttore generale e quindi alla filiale di Ginevra per finire, nel 1458, a Firenze al fianco di Cosimo. [42] Sassetti si andò occupando in modo crescente di molti affari ed alla fine ne uscì in malo modo. Non è dato sapere se a causa della cattiva fortuna, della maturità, della pigrizia in aumento o per il tempo passato a studiare l'umanesimo secolare come Cosimo, Sassetti non riuscì a scoprire la frode alla filiale di Lione fino a quando non fu troppo tardi per poterla salvare. Il direttore della filiale Lionetto de' Rossi aveva tentato di coprire la sua incompetenza dimostrandosi troppo ottimista sul numero dei cattivi prestiti che il Banco avrebbe dovuto coprire, e prendendo in prestito fondi che gonfiavano artificialmente i profitti.
Questo non è l'unico fattore da lui identificato. Un lungo periodo di svalutazione dell'oro contro l'argento tra il 1475 ed il 1485[43] - probabilmente a causa dell'incremento delle estrazioni di argento dalle miniere tedesche - significò che come debitore, il Banco dei Medici si trovò dal lato sbagliato della barricata - poiché i suoi depositi erano in oro e gli interessi erano pagati in oro. Questo trend era in parte attribuibile alla riluttanza di Firenze ad abbassare il valore del fiorino che era internazionalmente stimato per il suo valore, prestigio, e affidabilità. Ma il sistema di coniazione duplice di Firenze aggravò il problema. Questo cambiamento nel sistema valutario rifletté forse un rallentamento sistematico o recessione in Europa.[44]
Piero morì il 2 dicembre 1469 e gli succedettero i suoi due figli Lorenzo e Giuliano. I due non raggiunsero la maggioranza e così Lorenzo (il fratello di Piero) prese il patrimonio di Piero per inserirlo nel capitale del Banco (una scelta sbagliata in quanto dovette poi razziare i beni di Piero quando la situazione divenne più difficile[45]). I suoi interessi nel campo della politica e dell'arte (che portarono a chiamarlo "il Magnifico") lo obbligarono a cedere al suo ministro Francesco Sassetti, la responsabilità di decidere importanti questioni del Banco. Sassetti venne incolpato del declino del Banco per il fallimento delle filiali di Lione e Bruges, e Lorenzo per essersi fidato troppo di Sassetti e non averlo ascoltato quando gli riferiva dei problemi o provava a sistemare alcune situazioni. Veramente, Lorenzo disse una volta, quando Angelo Tani (che aveva tentato di prevenire il fallimento della filiale di Bruges) fece appello a lui per sollevare Sassetti e restringere i prestiti della filiale londinese, che "lui [Lorenzo] non capiva tali questioni." Egli ammise dopo, che la sua mancanza di conoscenza era alla base della sua approvazione degli schemi disastrosi di Tommaso Portinari.[46] Goldthwaite biasimò Lorenzo senza mezzi termini:
"...Lorenzo il Magnifico, per il quale la politica fu sempre prioritaria rispetto agli affari. I servigi alla corte e l'aristocrazia erano stati probabilmente gli aspetti principali presi in esame nella scelta dei direttori delle filiali del Banco a Milano nel 1452 o 1453 ed a Napoli nel 1471, e super estensioni di credito, attraverso prestiti personali, crearono severe ed insormontabili problematiche in entrambe le operazioni."[47]
Alla morte di Lorenzo l'8 aprile 1492, la gestione passò a suo figlio Piero di Lorenzo (1472-1521), allora ventenne. Piero non aveva alcun talento per gestire una banca e si affidò al suo segretario e prozio Giovanni Tornabuoni. Inutile dire, che i due amministrarono male la banca e trascurarono il nuovo ministro (Sassetti era morto a causa di un colpo apoplettico nel marzo 1490) Giovambattista Bracci[48]. Se la famiglia de' Medici e la sua banca non fossero andate in rovina nel 1494, probabilmente la cosa sarebbe successa subito dopo.
Un altro fattore era stata la spesa per l'abbigliamento di Lorenzo. Secondo lo stesso Lorenzo, tra il 1434 ed il 1471 egli spese una media di 17.467 fiorini d'oro l'anno.
Un altro errore di Sassetti fu quello di avere cieca fiducia in Tommaso Portinari invece che nel più fidato Angelo Tani; Portinari provocò il fallimento della filiale di Bruges.
Niccolò Machiavelli diede un punto di vista più contemporaneo nel suo Istorie fiorentine, asserendo che la caduta del Medici era dovuta alle redini sciolte sui direttori delle filiali, che cominciarono a comportarsi come principi e non come oculati uomini d'affari e assennati commercianti.[49]
La caduta [modifica]
Quando la crisi apparve in lontananza, un modo di tentare di imbrigliarla era cominciare a ridurre gli interessi pagati sui depositi discrezionali e su richiesta. Ma tale mossa avrebbe danneggiato l'immagine dei Medici, e così venne intrapresa troppo tardi. Il cattivo uso delle risorse del Banco creò la possibilità di repentini sconvolgimenti.[50] Il fatto, che sembra essere stato una pratica comune nelle banche fiorentine, era quello di operare con non più del 5% dei loro depositi tenuti a riserva di improvvisi crolli.[51] In aggiunta a questo, Lorenzo "il Magnifico" non si occupò affatto del Banco. Egli concentrò completamente le fortune della famiglia patrocinando artisti e letterati.
I problemi fiscali cominciarono a cresce in modo pressante fino a costringere Lorenzo a razziare la tesoreria di stato di Firenze - ad un certo punto defraudando il Monte della Dote, un fondo caritatevole.[52] Subito dopo, la pressione politica di Carlo VIII di Francia con l'invasione d'Italia del 1494, obbligò Piero di Lorenzo de' Medici a cedere alle forze di Carlo e all'insolvenza imminente del Banco dei Medici. I beni vennero distribuiti ai creditori e tutte le filiali vennero dichiarate fallite.
Amministratori del Banco [modifica]
- Giovanni di Bicci, 1397-1420
- Cosimo de' Medici, 1420-1464
- Piero di Cosimo, 1464-1469
- Lorenzo de' Medici (il Magnifico), 1469-1492
- Piero di Lorenzo (1492-1494)
Note [modifica]
- ^ La precisazione "nel corso del XV secolo" è importante, poiché le Banche Bardi e Peruzzi, nel corso del XIV secolo erano state sicuramente di dimensioni maggiori; la più piccola dimensione del Banco dei Medici è attribuita allo scarso volume d'affari che fu una delle cause del declino prima e del fallimento poi del Banco. La mancanza di ambizione dei Medici si può rilevare dal fatto che essi non sfidarono mai la potente Lega Anseatica, non crearono mai una filiale in Medio Oriente e non intrapresero affari nel Mar Baltico. de Roover, Florence Edler (ottobre 1943) "Francesco Sassetti and the Downfall of the Medici Banking House". Bulletin of the Business Historical Society 17 (4): 5, 6 e 8.
- ^ pg 11 di Goldthwaite 1987
- ^ "Un frammento del libro mastro della filiale di Bruges, giunto fino a noi, mostra la cura con cui esso era tenuto ed il sistema della partita doppia in uso." pg 24, De Roover 1948. In una nota a piè di pagina, de Roover puntualizza l'erronea credenza che i Medici non usassero la partita doppia, ispirata all'errore di Otto Meltzing in Das Bankhaus der Medici und seine Vorläufer (Jena, 1906) e ripetuto in Cosimo di Gutkind.
- ^ pg 11 di Goldthwaite 1987
- ^ pg 37 di de Roover 1966
- ^ pg 11 di Goldthwaite 1987
- ^ pg 35-36 di de Roover 1966
- ^ pg 39 di de Roover 1966
- ^ pg 37 di de Roover 1966
- ^ pg 3 di de Roover 1966
- ^ pg 41-42 di de Roover 1966
- ^ pg 48, 50 di de Roover 1966
- ^ pg 43-45 di de Roover 1966
- ^ pgs 48-49 di de Roover 1966
- ^ pg 52-53 di de Roover 1966
- ^ pg 15 di Goldthwaite 1987
- ^ pg 15 di Goldthwaite 1987
- ^ pg 106 di de Roover 1966
- ^ pg 54-56 di de Roover 1966
- ^ pg 59-60 di de Roover 1966
- ^ pg 62 of de Roover 1966
- ^ pg 63 di De Roover 1966
- ^ "A Lione, ad esempio, le società dei Medici non erano più grandi di quelle dei Capponi, e vi erano più di altre centoquaranta aziende di fiorentini che vi operavano negli ultimi quarant'anni del XV secolo" pg 20-21 di Goldthwaite 1987
- ^ pg 74 di de Roover 1966
- ^ pg 34 di Goldthwaite 1987
- ^ pg 328 di de Roover 1966
- ^ pg 330-340 di de Roover 1966
- ^ pg 63 di de Roover 1948
- ^ pg 346 di de Roover 1966
- ^ pg 348 di de Roover 1966
- ^ pg 349 di de Roover 1966
- ^ "Nel 1496 Portinari fu fra i negoziatori dell'Intercursus Magnus, l'importante trattato che avrebbe regolato per molti anni gli affari commerciali fra l'Inghilterra ed i Paesi Bassi." (de Roover 1966.)
- ^ pg 9 di Goldthwaite 1987
- ^ pg 15 di Goldthwaite 1987
- ^ pg 16 di Goldthwaite 1987
- ^ pg 358 di de Roover 1966
- ^ pg 360-361 di de Roover 1966
- ^ Le guerre fra Firenze e Venezia avevano affossato questa filiale molto remunerativa. Quello che preoccupava Piero erano i grossi prestiti fatti ai mercanti veneziani ed il mediocre risultato ottenuto dal successore di Alessandro Martelli, Giovanni Altoviti. Sassetti persuase Piero a chiudere semplicemente la filiale di Venezia piuttosto che tentare di trovare un direttore più efficiente, sebbene nel 1471 vi era stato un tentativo di ricominciare durato soltanto otto anni. Si veda pgs 358-359, pgs 251-252 di de Roover 1966
- ^ pg 149 di de Roover 1966
- ^ "Come stabilire i diritti italiani nei Paesi Bassi creò seri problemi che divennero più acuti rispetto al secolo precedente. Ne derivò una crisi che non solo ridusse i commerci ma ebbe un effetto negativo sulla redditività delle banche italiane. Questo fu sicuramente uno dei fattori della decadenza delle filiali del Banco dei Medici di Bruges e di Londra." pg 317; pgs 360-362 di De Roover 1966
- ^ Secondo Philippe de Commines nelle sue Mémoires, come indicato da de Roover 1948
- ^ pg 10, de Roover 1948
- ^ pg 83 di de Roover 1943; gli studi segnalati sono di Earl Hamilton in Money, Prices and Wages, in Valencia, Aragon, and Navarre, 1351-1500 (Cambridge, Massachusetts, 1936) e "Silver Production in Central Europe, 1450-1680", John U. Nef (volume XLIX del 1941, pages 575-591)
- ^ pg 16 di de Roover 1966
- ^ Egli si appropriò di 53.643 fiorini d'oro e restituì soltanto parte della somma. pg 366 di de Roover 1966
- ^ pg 365 di de Roover 1966
- ^ pg 33 di Goldthwaite 1987
- ^ pg 86 di De Roover 1966
- ^ Come sunteggiato a pg 59 di de Roover, 1948
- ^ pg 371 di de Roover 1966
- ^ vedere pgs 292-293 e pg 228 di De Roover 1966. La sede di Firenze operava con il 5% di riserve, e la Banca Datini, sembra che non ne tenesse affatto. La filiale di Lione operò in maniera estrema: con depositi di circa 108.000 écu, la riserva venne tenuta a soli 2.000, neanche il 2%!
- ^ pg 62 di de Roover 1948; più dettagliatamente indicato alle pgs 366-367 di de Roover 1966
Bibliografia [modifica]
- de Roover, Raymond Adrien (1948) The Medici Bank: its organization, management, and decline.
- de Roover, Raymond Adrien (1966) The rise and decline of the Medici Bank: 1397-1494. LCCN: 63-11417.
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- Goldthwaite, Richard A. (1985) "Local banking in Renaissance Florence". The Journal of European economic history 14: 5–55. ISSN 0391-5115. URL consultato il October 2006.
- de Roover, Florence Edler (October 1943) "Francesco Sassetti and the Downfall of the Medici Banking House". Bulletin of the Business Historical Society 17 (4): 65–80. DOI:10.2307/3111278. URL consultato il 2006-09-21.
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